Voyeurismo urbano

È da una decina d’anni che Stéphan Lévy-Kuentz, scrittore e critico d’arte francese, scrive a più riprese il suo ultimo saggio, ispirato al lavoro dell’artista parigino Alain Fleischer: «Lavoro a più libri alla volta – dice – come un cuoco». Finalmente il testo qualche giorno fa è stato pubblicato con il titolo La nuit scoptophile. Dal greco skopéin, che vuol dire guardare, deriva il termine scoptofilia, che, per quanto inusuale, in realtà non è altro che un sinonimo di voyerismo, la pratica che consiste nel provare piacere alla vista delle nudità o degli atti sessuali altrui.

Immaginiamo di camminare per le strade di Parigi. È calata la notte, la città è immersa nel sonno, solo qualche lampione illumina i vicoli e qua e là c’è ancora qualche luce accesa che proviene dall’interno di un’abitazione. D’improvviso ecco un’apparizione mistica, sulla parete cieca di un palazzo una proiezione gigantesca. La visione epifanica ha ben poco di sacro, e, anzi, al guardarla meglio, sembrerebbe un’immagine presa direttamente da un giornaletto pornografico, in cui uomo e donna sono colti nei loro amplessi sessuali o si masturbano ossessivamente. Sembra quasi di poter sbirciare dietro alle tende di quelle finestre ancora illuminate e di riuscire a scorgere quello che sta accadendo all’interno dello spazio abitato. Che facciamo? Il buonsenso ci dice di non guardare, ma la curiosità è troppo forte e riesce a vincere. Così restiamo impalati a fissare la parete. Involontariamente siamo diventati complici di un delitto, voyeurs silenziosi che si nascondono nell’oscurità.

Da diversi anni Alain Fleischer fa questo tipo di esperimenti, cercando di capire quali reazioni provoca l’esibizione come imposizione di un voyeurismo forzato, legate ai concetti di pudore, senso di colpa e soprattutto oltrepassamento del confine tra spazio pubblico e spazio privato. Interessato sin dall’inizio all’interazione tra immagini, cinema e ambiente cittadino, ha cominciato a proiettare sulle facciate dei palazzi fotogrammi di celebri film, volti, opere d’arte e corpi nudi, fino ad arrivare ad uno studio pià specifico dell’immagine pornografica. Fotografo, nonché scrittore e cineasta, Fleischer, nella serie fotografica Exhibition si è domandato: se è vero che siamo bombardati da un’infinità di immagini pornografiche tutti i giorni, perché non proiettarle a cielo aperto negli spazi urbani? Da quest’interrogativo sono nate una serie di fotografie che immortalano lo skyline di diverse città interrotto bruscamente da diapositive a sfondo sessuale, che diventano un tutt’uno con il paesaggio.

Da questa sua riflessione iconoclasta sulla società, sulla desacralizzazione del sesso e sull’ipocrisia comune, allargata all’arte e al cinema, ha preso spunto Lévy-Kuentz per la sua accurata critica. Nella società contemporanea, il gigante occhio iperscrutante del grande fratello, posa implacabile il suo sguardo su ogni dettaglio che faccia parte della vita privata altrui. Il sesso è quindi soltanto uno di questi dettagli, che entrano a far parte del voyerismo delle telecomunicazioni e dei social network. Il pudore, questo sentimento ormai sconosciuto, viene conteso tra la necessità di un proibizionismo imposta da una società bigotta e il declino totale del senso comune del decoro, irrimediabilmente decaduto in favore del narcisismo ed esibizionismo a cui l’individuo stesso accetta di sottoporsi autodeterminatamente. L’epifania messa in scena da Fleischer grazie all’uso potente della tecnologia viene interpretata da Lévy-Kuentz come una sorta di rilettura del mito della caverna di Platone, in cui le immagini reali sono proiettate sulla parete della caverna come ombre, e quella è l’unica realtà a cui noi abbiamo accesso. Fleischer non si aspetta una risposta ai suoi interrogativi, ma, come afferma lo scrittore, partecipa al dibattito politico contemporaneo, quanto Femen, Pussyriot o Ai Weiwei, sfruttando i mezzi di comunicazione a sua disposizione: «Liberale più che libertina, questa nudità ostentata mira a creare una distorsione poetica nell’ordine pubblico». A metà strada tra street art, fotografia e cinema, questo postprodotto artistico si serve dell’intedisciplinarietà che caratterizza la contemporaneità, fagocitando le immagini che ci circondano, digerendole ed espellendole sulla strada alla portata di tutti. Il saggio di Lévy-Kuentz, che comprende anche uno scritto del 2003 di Daniel Arasse, Sexe en ville, propone un’interessante lettura attraverso gli studi del passato sul ruolo del sesso nella nostra cultura, costantemente in bilico nel conflitto tra intimità ad esibizionismo. Fleischer riesce, secondo l’autore, a condensare nel suo lavoro questa contraddizione contemporanea: «Ecco come l’Origine del mondo di Courbet viene applicata alla Land Art».

La Nuit scoptophile, Stéphan Lévy-Kuentz, edizioni Dumerchez – dal 16 janvier 2014