Allarme in Egitto: crescono i saccheggi ai siti archeologici

Il Cairo

L’arte in generale, e l’archeologia in particolare, è un’altra vittima dell’instabilità che si è venuta a creare in Egitto dopo la rivoluzione del 2011 che ha portato alla caduta del regime di Hosni Mubarak e dopo la deposizione di Mohammed Morsi nel luglio scorso. Due eventi che hanno avuto come effetto una maggiore presenza della sicurezza per le strade, ma non un’altrettanta attenzione per i siti archeologici e i cimiteri, così come le chiese o i musei, saccheggiati o danneggiati come mai prima. «Ci sono sempre stati dei saccheggi in Egitto, ma il fenomeno è esploso ora», denuncia l’archeologa egiziana Monica Hanna al quotidiano Le Monde. Trent’anni, laureatasi all’università americana al Cairo, Hanna è in prima linea nella lotta al traffico illecito di antichità in Egitto. «I militari circolano numerosi, ma la maggior parte dei siti non è in sicurezza», dice. È il caso, ad esempio, della necropoli di Abusir el-Melek, lontana dai circuiti turistici e per questo priva di sicurezza, anche se ricopre una notevole importanza storica con molte aree ancora inesplorate. I siti più noti, invece, sono anche quelli più saccheggiati. La necropoli di Dahshur, 40 chilometri a sud del Cairo non lontano dalle celebri piramidi di Giza, è infatti vittima di saccheggi massici, come denuncia Felix Arnold, archeologo presso l’Istituto tedesco di archeologia nella capitale egiziana. «Se l’insicurezza è la motivazione più apparente dei saccheggi, la realtà è più complessa – riflette Hanna – la situazione economica del paese va di male in peggio. Disoccupazione, povertà, inflazione. La gente immagina che le tombe trabocchino d’oro e di tesori e che basta scavare per trovarne».