Premio Strega, parla Sparaco

Roma

Ci sono delle volte in cui è impossibile giudicare un’azione come giusta o sbagliata. Come quando ci si imbatte nel dramma  dell’aborto terapeutico. Un tema difficile, controverso, nascosto e doloroso. È la vicenda che incrocia le vite di Luce e Pietro, costretti a dover fare i conti con un’ecografia che rivela una displasia scheletrica del feto nella pancia di lei. Una notizia che irrompe nell’equilibrio della coppia. Il libro di Simona Sparaco, Nessuno sa di noi (Giunti Editore, 256 pagine) e finalista al premio Strega, racconta il percorso che accompagna i due alla drammatica scelta di interrompere la gravidanza. Un cammino introspettivo, reso con consapevole leggerezza e con maturità narrativa, all’interno di equilibri delicatissimi, affettivi, emotivi e sociali, fino alla decisione di abortire, ma di farlo altrove, dove l’aborto terapeutico è consentito oltre la ventitreesima settimana. Simona Sparaco è una giovane scrittrice romana, classe 1978, ma il suo testo rispecchia una notevole crescita. Ha fatto passi da gigante, e si percepisce leggendo e ascoltandola parlare, tanto da riuscire a trattare con coraggio e disinvoltura un tema molto impopolare in Italia che lei conosce molto bene, visto il lutto di una gravidanza che ha provato sulla sua pelle: «Da noi ci sono troppi pregiudizi su questo argomento – dice la Sparaco a Inside Art – e le conseguenze di questo approccio gravano sulle donne, che si sentono meno libere nelle loro scelte. Abbiamo purtroppo una cultura sclerotizzata su alcune posizioni e non ci accorgiamo che in questo modo perdiamo terreno sull’attualità, sugli enormi passi avanti fatti dalla scienza sulle diagnosi prenatali e sull’assistenza delle gravidanze».

La protagonista della storia, Luce, decide di condividere le sue riflessioni sulla piazza virtuale. Un non luogo in cui si celebra il trionfo dell’anominato, che protegge l’intimità, ma in cui scarseggia la solidarietà, proprio in ragione della mancanza di identità. Il web viene totalmente sdoganato nel libro, letteratura reale e virtuale dialogano amichevolmente in una piacevole armonia, fotografando la consuetudine, molto invalsa nelle nuove generazioni, di cercare appiglio, supporto e conoscenze nella rete: «Bisogna saperne fare il giusto uso – spiega Sparaco – i social network, i forum e la condivisione virtuale sono importanti, fanno parte della nostra realtà, ma non bisogna correre il rischio di restare intrappolati nella gabbia degli avatar sociali, non a caso nel libro le animatrici dei dibattiti online poi trovano modo di incontrarsi e comunicarsi quelle sensazioni ed emozioni che solo il contatto può ispirare». Il libro scorre bene, quasi come un film, non a caso la sua struttura narrativa da molti è stata accostata a una sceneggiatura. Da sceneggiatrice quale nasce, la Sparaco non disdegna questa critica e, anzi, confessa di avere già ricevuto proposte per trarre dalla sua opera un film: «Ho paura a permetterlo – rivela – perché il libro vive su un equilibrio molto precario, è già stato molto esplicito il mio modo di raccontare questo dramma e non so se tradurlo in immagini possa rischiare di apparire troppo forte, lo permetterei solo se trovassi un regista in grado di convincermi con la sua sensibilità, ma fino a oggi questo non è accaduto. Per un altro libro non avrei avuto remore, per questo qui, invece, ho qualche resistenza».

Il libro, insomma, entra a gamba tesa in un dibattito ancora acerbo nel nostro paese. Lo fa in modo coraggioso e diretto, rappresentando il monologo interiore lacerante e violento che si sviluppa di fronte a una decisione come l’aborto. Lo fa rompendo anche alcuni cliché, come quello dell’uomo insensibile e indifferente. L’uomo raccontato dalla Sparaco, infatti, è un carattere positivo: «Deciso, pragmatico, ma con grande premura nei confronti della donna, l’immagine del maschio che propongo è quella di una figura assolutamente in grado di comprendere». E lo fa, soprattutto, parlando del ruolo terapeutico dell’amore: «Secondo me l’amore è una cura – dice la Sparaco – che adoperiamo per noi stessi e per la persona che amiamo, ci curiamo con l’amore e amando curiamo la persona che è oggetto del nostro amore». Una storia, due vite, un libro che invitano a un’amara ma necessaria riflessione.