Il fascino è nell’effimero

Cave of tales è il titolo dell’intervento site specific che l’artista Alice Pasquini ha realizzato all’interno della -1 art gallery, uno spazio poliedrico votato alla street art e collocato nella zona inferiore della Casa dell’architettura di Roma. Abbiamo incontrato Alice per approfondire il suo percorso creativo, l’artista ha dato forma a una città ideale, un mondo sommerso che riecheggia utopiche visioni e oniriche presenze.

Alice, parliamo del tuo lavoro alla -1 art gallery, quali sono le tematiche che hai affrontato nella tua opera?

«Quando sono arrivata in galleria, Giorgio De Finis mi ha consegnato una stanza dalle pareti nere, scendendo per la prima volta nello spazio con cui dovevo interagire non avevo idea di cosa avrei fatto. Era interessante, però, essere circondata da queste volte sul soffitto che mi hanno dato la sensazione di essere dentro una bolla per i pesci. Ho iniziato a giocare con questa percezione e visto che la casa dell’architettura un tempo è stato un acquario, ho pensato di creare l’immagine di una città vista attraverso la rifrazione di una vasca per i pesci. Anche la scelta dei colori è stata studiata in funzione di questa idea, il mio lavoro si basa sempre sul contrasto tra colori caldi e freddi, in questa occasione però ho voluto utilizzare il rosso in un modo particolare senza mischiarlo con altre cromie in modo da dare la sensazione visiva dell’immergersi dentro un acquario».

La -1 art gallery nasce con l’intenzione di offrire uno spazio totale agli artisti, ogni intervento possiede il fascino dell’effimero perché la loro visione ha un limite temporale, tu come vivi la sensazione di caducità dei tuoi lavori quando operi in strada?

«Dipingere in strada vuol dire accettare che un’opera cambi con il tempo e con la città, è un continuo mettersi in gioco perché il tuo lavoro, in ogni caso, vivrà anche dopo di te. L’idea di Giorgio De Finis è molto interessante perché finalmente a Roma c’è una galleria che offre agli artisti uno spazio totale per dare vita a una nuova visione espressiva. È bella l’idea che un giorno questo posto offrirà una sorta di stratigrafia pittorica dove poter rintracciare tutti gli interventi che si sono succeduti, il fascino risiede proprio nel suo essere effimero».

Alice, in un’intervista hai detto che per te l’arte non è un lavoro ma è come respirare, come è iniziato il tuo percorso espressivo?

«Partendo dal presupposto che tutti i bambini disegnano, ho avuto la fortuna di prediligere come forma di comunicazione il primo strumento espressivo che ho avuto a mia disposizione. Crescendo pensavo che fare il pittore fosse un mestiere come un altro, successivamente mi sono scontrata con una realtà completamente diversa. Ho frequentato il liceo artistico, mi sono iscritta all’accademia di Belle arti e a un certo punto ricordo che questo mondo iniziava a nausearmi. Avvicinandomi alla cultura hip hop degli anni novanta ho capito che potevo approcciarmi in modo differente all’arte e mi sono liberata ritrovando quello che avevo perso: il piacere di disegnare. Sono partita per la Spagna dove a Madrid iniziai a lavorare come disegnatore manuale per una catena di negozi. Ogni anno la società organizzava una manifestazione per i bambini dove io creavo le scenografie, in quel momento compresi che volevo fare qualcosa alla portata di tutti, qualcosa che desse stupore alla gente».

Tu sei una delle rare street artist donne, da un certo punto di vista ti senti penalizzata rispetto a un uomo che sceglie questo percorso artistico?

«Penso che le artiste siano stufe di essere considerate una categoria, è insopportabile essere racchiuse in uno specifico schema popolato da mostre e retrospettive dedicate alle donne.Ognuno di noi è riconoscibile per la sua cifra stilistica e per la sua unicità. Purtroppo bisogna confrontarsi anche con un dato di fatto perché raramente le donne che praticano street art sono menzionate. Questo non vuol dire che non esistono, anzi, ci sono tante artiste che operano su strada e che hanno talento, forse, ma è una mia considerazione personale, le donne si tirano un po’ indietro. Nella mia vita non esiste alternativa, l’arte è il mio modo di stare al mondo, è una componente necessaria perché è lo strumento con cui posso filtrare le emozioni. In fondo dipingere è offrire un punto di vista della realtà, il disegno è il mezzo più istintivo per fissare un’idea».

Alice, in conclusione, durante la tua formazione c’è stato un artista o una corrente pittorica che ti ha influenzato, che rapporto hai con i maestri del passato?

«Sono rimasta folgorata dalle ville di Palladio e dalle atmosfere di Leonardo ma quello che non farei mai è copiare un’opera del passato. In linea generale credo sia interessante capire perché alcuni artisti che operano su strada e che magari non hanno una formazione storico artistica lavorino su tematiche classiche, credo sia un aspetto filologico che potrebbe essere approfondito. Personalmente sono arrivata in strada per sondare nuovi mondi, per non mettermi in comparazione con i classici del passato. Un’opera deve essere permeata da sentimenti umani universalmente trasmissibili affinché anche le generazioni future possano riceverne il messaggio».

Fino al 30 agosto; casa dell’Architettura, piazza Manfredo Fanti 47, Roma; info: www.casadellarchitettura.it