Pistoletto va al Louvre

Michelangelo Pistoletto dice che tutto quello che vedi in uno specchio si trova dietro di te. Dice anche che tutto ciò che c’è dietro alle tue spalle si specchia contemporaneamente con la tua figura. «Il passato e il presente – dice ancora – convivono nella stessa visione». Chiaro, diretto e senza orpelli, lo specchio rappresenta la realtà. «Distorcere il riflesso – continua l’artista – sarebbe fare dell’inutile speculazione. A quel punto lo specchio non rimane materia ma diventa qualcosa di inquietante. Possiamo riflettere su cosa c’è davanti o cosa c’è dietro la visione ma deformarla è la misura in cui l’arte contemporenea abusa del pensiero». Barba bianca e vestito nero, Pistoletto parla della sua mostra a Parigi, al Louvre, il museo più visitato al mondo; intorno a lui il rosso lucido della sala congressi del Macro. «Sono sorpreso – confessa – dell’opportunità di esporre non il mio lavoro ma il mio pensiero». Ed è forse per questo che fra tanti artisti italiani contemporanei è stato scelto proprio lui, per la chiarezza della sua poetica e le riflessioni che intrecciano passato e presente. «Quel luogo è lo specchio della storia – ammette infatti – e così porto lo specchio vero e proprio nelle sale, porto, insomma, lo spettatore a riflettersi nella storia».

Le sale del Louvre vengono quindi arricchite con le opere di Pistoletto. Un percorso espositivo che non è una mera sfilza di lavori passati ma (fortemente in linea con il suo pensiero) riflette anche sul futuro con il Terzo paradiso. Année 1, Le paradis sur terre è infatti il titolo dell’evento curato da Marie Laure Bernadac. «Anno uno – spiega – perché è il primo della rinascita. Ci sono tre periodi nella storia: uno, quando l’uomo viveva integrato con la natura in uno stato che possiamo definire incosciente; due, il paradiso artificiale dove l’umanità prende il sopravvento sulla vita biologica con consapevolezza e tre una fusione fra i primi due per ritornare alla natura in uno stato di consapevolezza e responsabilità». Quasi una visione hegeliana della vita con la succesione di tesi antitesi e sintesi che nelle mani di Pistoletto non rimane solo speculazione ma si fa materia in un’opera che ne riassume i contenuti. Un obelisco a forma di specchi è la base di questo lavoro che si completa con il simbolo del terzo paradiso, dove il cerchio centrale dei tre si appoggia sull’obelisco. «La costruzione di specchi un po’ virile simboleggia la presenza antica – chiarisce Pistoletto – il terzo paradiso è più femminile e accoglie l’obelisco».

È un gioco di riflessi quello che mette in scena al Louvre l’artista. Gli specchi di Pistoletto diventano metafora del legame che stringe l’arte presente con la creatività antica. Le opere del passato si riflettono in quelle contemporanee che a loro volta sono un riflesso nato da, per e grazie a loro. Ciò che lega il passato al presente è chiaro ma fragile, basta insomma che un visitatore si frapponga fra l’antica sapienza e la vertigine contemporanea, utilizzando lo specchio semplicemente come tale. A vincere è la tautologia che lascia schiacciata a terra la poesia. Del resto è un rischio da correre perché nulla può l’artista di fronte all’interpretazione del pubblico.

Dal 25 aprile al 3 settembre; museo del Louvre, musée du Louvre 75, Parigi; info: www.louvre.fr