Il cadavere della bellezza

“Il Femminino, anima del mondo, è il seno materno dell’arte, essendone nello stesso tempo l’oggetto d’amore. Nei quadri di Picasso emerge un oltraggio indicibile perpetrato proprio a questo Femminino, ridotto a un corpo mostruoso, sformato, corrotto, in decomposizione; sarebbe meglio dire che ci troviamo di fronte al cadavere della bellezza, in quanto cinismo empio (Nudo di donna in un paesaggio), cattiveria diabolica (La donna dopo il ballo), cadavere ancestrale in decomposizione (La dama), con un ghigno velenoso di strega (La donna con il ventaglio). E tutte queste immagini sono viventi, hanno un valore di rappresentazione, come delle icone miracolose del carattere demoniaco; da esse si sprigiona una forza mistica, se le si guarda a lungo si sperimenta qualcosa come una vertigine interiore”. Con queste parole Sergej Bulgakov saluta l’avvento dell’arte del genio spagnolo, che stravolgendo i canoni estetici tradizionali regala all’osservatore una rappresentazione che uccide la bellezza in nome di un pathos carnale, diabolico, cinico, ma non per questo meno potente e necessario. La crisi del bello, propriamente inteso, invade come un’onda inesorabile il sentire artistico: non basta più a rappresentare il mondo, alcune pulsioni, le miserie, le guerre e l’atrocità dell’animo umano devono andare oltre. Devono essere violenti e privi di orpelli. Il cadavere della bellezza di Sergej Bulgakov e Nijolaj Bardjaev (Medusa edizioni, 144 pagine, 15 euro) racconta, in due brillanti e brevi saggi, il passaggio all’aldilà, il trapasso fatidico della bellezza, musa ispiratrice per secoli di squisiti capolavori di una rassicurante beltà. Bulgakov e Bardjaev scrissero questi contributi poco tempo dopo aver visitato la mostra di Picasso a Mosca nel 1914, e nella loro riflessione la crisi dell’arte, con la conseguente morte della bellezza, è crisi della rappresentazione del volto. Il paesaggio umano scompare, lasciando spazio a macchine e rumori. Le avanguardie russe con il loro sogno di armonia e libertà avevano già fallito, Picasso mostrava chiaramente una realtà in frantumi, con un uomo maciullato. L’arte assorbiva e rielaborava lo spirito del tempo, uccidendo il senso estetico o trovandone uno nuovo. Il cadavere della bellezza galleggiava lungo il fiume e gli artisti stavano a osservarlo senza compiangerlo. Il tempo correva e l’urgenza di catturarne i cambiamenti non lasciava spazio a inutili malinconie.