Nuda architettura

”L’onestà e la franchezza non sono eleganti”, sostiene Manfred Bock. La citazione, più volte riportata nel volume Nuda architettura a cura di Valerio Paolo Mosco per Skira (320 pagine, 34 euro) dà la stura per sostenere alcune interessanti considerazioni sui caratteri della modernità e sulla persistente attualità delle sue raffigurazioni simboliche e metafisiche declinate attraverso il costruire dei giorni nostri. Il volume contiene numerose schede di progetti con foto accattivanti, commentate in due saggi, una prefazione di Harry Francis Mallgrave, accompagnata da una curiosa foto di Le Corbusier nudo, mentre dipinge un murale a Villa E 1027 a Rocquebrune – Cap Martin, la tesi del curatore, una postfazione di Hans Ibelings. Il saggio di Mosco, architetto e critico, viene commentato da Ibelings che lo chiosa attraverso una articolata traduzione dall’inglese dei due modi di raffigurare il termine nudità, univocamente inteso nella lingua italiana. Insomma dalla comprensione tra le diversità culturali si fa presente che esiste nelle culture anglofone una bella differenza tra l’essere ”naked” ovvero nudi di vergogna, dall’essere semplicemente e elegantemente ”nude”.

E in architettura questo come si traduce? Lo dice lo stesso curatore: «La nudità in architettura è un paradosso. Nel linguaggio comune è facile essere compresi allorquando diciamo che un edificio è nudo, eppure se andiamo più a fondo il senso della nudità rimane sfuggente. Possiamo comunque essere certi di alcune affermazioni: che la nudità è tipica degli edifici della tradizione moderna antidecorativa, che l’immagine della nudità rimanda agli edifici in costruzione o a quelli in rovina e che in generale è espressione di un costruire sincero, dove gli elementi non sono mascherati; possiamo dire anche che ha in sé qualcosa di arcaico o di frugale, alle volte di primitivo». Il libro costituisce, sia pur in una veste diversa, la prosecuzione della ricerca dello stesso autore del volume Sessant’anni di ingegneria in Italia e all’estero. In Nuda architettura si intuisce l’invito a tornare alla capanna di Laugier ovvero a un tempo e ad un modo di costruire in cui non esisteva una separazione tra il mondo dell’ingegneria e quello dell’architettura attraverso 6 schematizzazioni concettuali: Skeletal (architettura nuda scheletrica, ossificata, la cui immagine tende a corrispondere alla struttura), Rough (architettura nuda di cemento, grezza brutale), Thin (architettura nuda sottile), Lyric (architettura nuda lirica, evocativa e sintetica, alle volte persino fiabesca), Frugal (architettura nuda frugale, umile tendente al rustico), Primitive (architettura nuda primitiva, arcaica, archetipica, il cui intento è sembrare senza tempo). Info: www.skira.net