Picasso, cinquant’anni dopo

A palazzo Reale di Milano la celebre tela Massacro in Corea apre la mostra Picasso. Capolavori dal museo omonimo di Parigi curata da Anne Baldassari, che presenta al pubblico la collezione del museo della capitale francese nato dalla donazione di un cospicuo nucleo di opere da parte dell’artista spagnolo. Nella sala delle Cariatidi due grandi pannelli retroilluminati (allestimento di Italo Lupi, Ico Migliore e Mara Servetto) aprono uno scorcio su una grande videoproiezione di circa otto metri del capolavoro Guernica; sul retro dei pannelli delle teche espongono un percorso di documentazione fotografica, a cura di Francesco Poli, sulla mostra di Pablo Picasso realizzata a Milano nel 1953, quando per la prima volta la grande tela di Guernica, in deposito al Museum of modern art di New York in attesa del ritorno della democrazia in Spagna, venne allestita nella sala di palazzo Reale.

Fil rouge della mostra è la ricerca d’identità dell’artista, in un percorso che si snoda tra circa 250 dipinti, sculture, fotografie, disegni e stampe; autoritratti e ritratti virili, i cicli tematici del pittore e della modella o della Minotauromachia costituiscono gli aspetti fondamentali di questa ricerca mettendo a confronto le tecniche e i mezzi espressivi con i quali Picasso si è cimentato nella sua lunga carriera. Così, dall’uomo nudo degli autoritratti primitivisti del 1906, alla comparsa dei ritratti generici degli anni 1910-14, fino all’Arlecchino cubista o malinconico dandy degli anni 1915-20, la figura dell’artista partecipa di tutte le metamorfosi della pittura. «La scelta di parlare il linguaggio del mito – dichiara Anne Baldassari – porta Picasso a identificarsi personalmente con le figure di Bacco, di Ermafrodito, di Ermes o del Minotauro, modelli e specchi di un multiforme autoritratto. La figura del Minotauro costituisce il simbolo di tale assimilazione; essa appare dominante dal 1928 al 1936 , ma comunque percorre in modo ricorrente l’intero corpus picassiano, in cui la sua violenza figurale, che riecheggia il rituale della tauromachia, esprime di volta in volta le metafore della dominazione sessuale, dell’atto creativo o della barbarie politica moderna».

Dal primo Picasso impressionista al periodo blu con La Celestina (1904), dagli studi per le Demoiselles d’Avignon e il primo cubismo dell’Uomo con il mandolino (1911 – 1913) al ritorno al classico con Il ritratto di Olga in poltrona (1918) sino al surrealismo con Due donne che corrono sulla spiaggia (1922), ai ritratti dedicati alle sue muse come il Ritratto di Dora Maar (1937), e alle opere esplicitamente impegnate. Una mostra per ripercorrere il percorso artistico di un protagonista indiscusso dell’arte del XX secolo.

fino al 6 gennaio

Palazzo Reale, piazza duomo, Milano

info: www.mostrapicasso.it