Le bottiglie di Vimercati

Palazzo Fortuny, Venezia, dedica la principale delle sue mostre autunnali a un grande protagonista della fotografia italiana: Franco Vimercati. L’esposizione, Tutte le cose emergono dal nulla rappresenta la più ricca dedicata fino ad ora al maestro. A cura di Elio Grazioli, con il progetto di allestimento di Daniela Ferretti, copre il periodo dagli anni Settanta fino alla sua morte nel 2001. Nato il 16 dicembre del 1940 a Milano, figlio unico, in una famiglia non agiata, segue i corsi serali dell’accademia di Belle arti di Brera, frequenta le gallerie d’arte milanesi e il bar Jamaica, luogo d’incontro di artisti e intellettuali. Conosce presto il lavoro di grandi fotografi come Diane Arbus, Lee Friedlander, Robert Frank e soprattutto August Sander.

Come lui, Vimercati è sostanzialmente un contemplativo, non interessato all’azione come tale, ma ama piuttosto concentrarsi su un unico soggetto, facendo proprie le esperienze concettuali e minimaliste. I suoi primi lavori pittorici si ispirano all’informale, si dedica anche a opere basate sul recupero dell’oggetto che rimane protagonista indiscusso delle fotografie. Particolari semplici che attraverso l’occhio dell’artista si arricchiscono di grandi dettagli. Piccoli vasi, un bicchiere, un ferro da stiro, una grattugia, un bricco del latte, il quotidiano che diventa straordinario. «Si tratta – affermava Vimercati – del piacere di lavorare senza essere disturbato dal soggetto. A me interessava che scoccasse la fotografia, non mi interessava leggere l’oggetto, ma assistere ogni volta a questo miracolo».

Infinite variazioni dal nero al grigio in una crescita cromatica che ricorre l’immagine toccandola in ogni punto, anche quello più nascosto. Fin dall’inizio emerge l’idea di serialità, già nel 1975 le immagini di piastrelle e due anni dopo quelle delle doghe del parquet, fino al grande lavoro delle 36 fotografie di bottiglie di acqua minerale Levissima, una diversa dall’altra, tutte in bianco e nero. Questo interesse si esprime in seguito in quello che è considerato il suo lavoro più rappresentativo, il ciclo delle terrine di porcellana. Una ottantina di fotografie in un arco di tempo a partire dall’83 fino al ’92.

fino al 19 novembre

Palazzo Fortuny San Marco 3958, Venezia

info: www.visitmuve.it

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