Liu Bolin il camaleonte

Non manca la presenza fisica a Liu Bolin, l’artista cinese che negli ultimi anni si è fatto conoscere in tutto il mondo grazie ai suoi originali scatti fotografici in cui si mimetizza, fin quasi a diventare invisibile, sullo sfondo di scenari più o meno riconoscibili. La stessa fisicità che si manifesta nelle sue opere, frutto di un grande lavoro di squadra che unisce l’arte fotografica a quella di performer, è riscontrabile di persona. Presente all’inaugurazione stampa della sua prima personale romana A secret tour, questo ragazzone nato nel 1973 nel nord della Cina e diplomato all’accademia centrale di Belle arti ci tiene a far sapere che «l’intenzione è che le mie opere si possano esprimere principalmente tramite il cuore e arrivare così ai sentimenti degli spettatori». La mostra, a cura di Raffele Gavarro e ospitata nella sede del museo Hendrik Christian Andersen, presenta una ventina di scatti inediti che hanno portato Bolin a compiere un gran tour in Italia (a Roma, Pompei, Milano e Verona) e a mimetizzarsi sullo sfondo di opere d’arte quali Paolina Borghese o una casa pompeiana. «Sono stato tre volte in Italia per compiere dei sopralluoghi – specifica l’artista a proposito della scelta dei luoghi da immortalare – e ho scelto i soggetti in base ai miei sentimenti, ammiro molto il rispetto che c’è qui e in Occidente per la cultura. Da noi, in Cina, ancora è un valore da immagazzinare».

E non è un caso se Bolin ha iniziato la sua produzione artistica, poi confluita nella celebre serie Hiding in the city, nel 2005 in seguito a un naturale istinto di ribellione dopo che le autorità cinesi avevano demolito il suo studio. Tuttavia Bolin ci tiene a precisare che la sua arte «non vuole essere direttamente collegata con un aspetto politico, come ci si aspetta a volte troppo scontatamente da un artista cinese, ma sicuramente è legata a un aspetto di criticità nei confronti della patria. Se nella mia poetica si respira anche una valenza politica è perché spesso gli spettatori ci leggono delle problematiche che in qualche modo erano già emerse dalla storia e dallo stato attuale del mio paese». Il curatore Gavarro sottolinea che nel lavoro dell’artista «lo spettacolare effetto camaleontico è però solo l’aspetto più appariscente di un gesto che invece ha a che fare con una totale immedesimazione con la realtà e che necessariamente comporta un’affermazione di appartenenza ad essa». Tra realtà, amore per l’arte e suggestioni visive, Bolin intende sviscerare le contraddizioni dell’uomo contemporaneo mettendolo letteralmente di fronte al suo essere in relazione ai luoghi che abita.

Dal 13 settembre all’11 novembre

Museo Hendrik Christian Andersen

via Pasquale Stanislao Mancini 20 Roma

Info: www.museoandersen.beniculturali.it