Per un’Italia possibile

Capire «come mai nel nostro paese si sia perpetrato, negli ultimi venticinque anni in particolare, il peggior danno al paesaggio che in qualsiasi altro stato occidentale». Capire perché l’assenza di una responsabilità collettiva, oltre che personale, la rapacità economica e l’incapacità di percepire il valore unitario e identitario delle tessere di un paesaggio artistico e naturalistico come il nostro facciano sì che le residuali bellezze del Belpaese siano tanto poco messe in valore da rappresentare un disvalore.

È chiaro fin nelle prime battute l’intento di Ilaria Borletti Buitoni, presidente del Fai, nel denunciare sulle pagine di Per un’Italia possibile una certa idea di sviluppo che fa a cazzotti con un reale progresso civile. E nel chiedersi, come recita il sottotitolo del libro, se arrivati a questo punto la cultura salverà il nostro paese. Domanda che, almeno in chiave retorica e teorica, affiora sempre più sulla bocca di chi, a parole, dichiara di avere a cuore le sorti del paese col maggior numero di siti Unesco sotto tutela – e sotto assedio – al mondo. Ma che, nei fatti, si mostra incapace di tutelare, figurarsi di valorizzare, tale unicum mondiale. La disamina della numero uno del Fondo ambiente italiano (oltre 7.000 soci suddivisi in 112 delegazioni e una trentina di gruppi) è generica, ma non meno puntuale in questo agile volume (125 pagine, 11 euro) edito da Mondadori.

Certo, a volte il tono delle recriminazioni appare querulo e pedagogico, una lunga sequela di desiderata. Ma, proprio per questo, sempre più ineludibili ora che la crisi mette alle corde tempi e modi del dissennato abbrutimento dell’essere come del territorio. Centri storici, piccoli e grandi gioielli architettonici lasciati nel degrado, svuotati e circondati da una corona di palazzoni tanto anonimi quanto fatiscenti. Pezzi di memoria, di bellezza abbandonati al loro destino, lasciati colpevolmente nell’incuria e rimasti indietro, cancellati dalla sgangherata corsa di una modernità dal fiato sempre più corto. E, a fronte del teatrino della politica, della buona volontà dei tanti a fronte dell’ignavia dei più, la risposta alla domanda, alla fine, appare tanto scontata da apparire velleitaria. Solo la cultura potrà riaccendere la luce alla fine del tunnel in cui s’è infilato il nostro «avvilito e irriconoscibile paese». Ma in fretta prima che si perda pure la memoria delle cose e dei beni, oltre che delle persone e della storia. E l’ignoranza trionfi nel buio più fitto, all’uscita dal tunnel infinito. Quell’ignoranza che ci tiene muti e ciechi fronte a un’opera d’arte, dunque allo spettacolo dell’uomo, come a quello della natura.

Ilaria Borletti Buitoni

Per un’Italia possibile

Mondadori

125 pagine

11 euro