Una mostra in giro per il mondo

Con “Sing sweet songs of conviction” arriva a Roma nello spazio Label201, dopo una prima tappa berlinese alla galleria Schau Fenster, il progetto itinerante ideato da Lisa Wade nel 2010 a margine del Celeste prize. Come spesso accade dopo la chiusura di un premio artistico, dinanzi ai tanti nomi dei selezionati non premiati e dei tantissimi ignoti partecipanti agli eventi collaterali, viene spontaneo chiedersi “Chi si ricorderà di loro?” e soprattutto “Che fine faranno?”. La verità è che ci sono storie che finiscono e altre che continuano. Quello di “Sing sweet song of convinction” è l’esempio di un felice primo capitolo, inscenato a New York durante la mostra finale del Celeste prize international, edizione 2010, e seguito da una lunga serie di episodi e racconti, tutt’oggi in fieri. Un incontro vincente quello delle sei donne, “in cerca d’autore”, se Pirandello lo consente, che con lo scopo di prolungare l’intensità della sinergia trovata nell’affiancamento delle proprie opere, decisero di far partire un progetto espositivo itinerante, atto a fugare ogni rischio d’oblio per ciascuna di esse. Oggi le sei protagoniste girano il mondo accompagnando l’un l’altra nel proprio paese d’origine.

Ogni tappa, infatti, è un ritorno a casa, così dopo Berlino, Roma, e prossimamente Belfast, Londra, Città del Messico, e New York. L’ospitata capitolina trova la sua dimensione in una ex stalla dei primi ‘900 sulla via Portuense, espressione di un raffinato e sapiente restauro conservativo. Cantano dolci canzoni di convinzione, o forse per dirla alla romana Se la cantano e sa la suonano “Sei donne, di sei nazionalità differenti, che utilizzano altrettanti linguaggi artistici per esprimersi – si legge nel testo introduttivo di Julia DraganovicAlessia Armeni, Helena Hamilton, Denise Hickey, Francesca Romana Pinzari, Pernette Scholte e Lisa Wade, pittura, scultura, installazione, video e “performance” sono i molteplici media che utilizzano”. Questo, in effetti lo spirito che porta le sei protagoniste a lavorare con convinzione, proponendo per ogni sede opere diverse tra le loro produzioni passate e presenti. Tra i lavori più interessanti, i video “I ain’t superstitious”(2009) di Francesca Romana Pinzari e “Aquarius” (2010) di Pernette Scholte, nonché le installazioni di Lisa Wade. A caratterizzare ulteriormente ogni trasferta e dare rilievo al contesto ospitante, vi è la partecipazione di un “guest artist” e di un “guest curator”, teoricamente coinvolti per enfatizzare la realtà artistica locale.

Per Roma gli “special guest” sono la curatrice romana, solo d’adozione, Laura Barreca, e l’artista romano Pietro Ruffo. Quest’ultimo propone una mal riuscita riflessione dell’impatto socio-politico dei “social network” e delle comunicazioni telematiche nel mondo arabo. L’eleganza stilistica e concettuale, che un tempo poteva trovarsi solo nelle pregiatissime carte geografiche da lui lavorate e puntellate, è totalmente svilita nelle opere proposte, forse non più realizzata dalla mano dell’artista; bassa la qualità della stampa e della manifattura, che rischia di ricordare eccessivamente le fantasie delle borse prima Classe di Alviero Martini.

Fino al 14 giugno

Info: www.singsweetsongsofconviction.com