Il Macro deve diventare una Fondazione «per rendere flessibile e vicina alla velocità dell’arte contemporanea la struttura del museo che può così diventare aperto alle collaborazioni private». A spiegarlo è Bartolomeo Pietromarchi, da alcuni mesi direttore, insediato precisamente con l’obiettivo di dare, a questa istituzione, una identità. «La partecipazione dei privati – spiega – è fondamentale così come lo è quella degli innumerevoli partner tecnici, dai trasportatori alle assicurazioni a chi cura gli allestimenti, che danno vita al mondo dell’arte contemporanea. Per non parlare di critici, curatori, collezionisti. L’obiettivo di questa operazione – osserva – è dare al Museo d’arte contemporanea di Roma identità e forza. E’ il filo conduttore con cui abbiamo lavorato, insieme con l’assessore Gasperini, anche alla programmazione che e’ stata resa pubblica poche settimane fa. L’idea di fondo – chiarisce – è di mantenere il Museo separato dalla gestione che è nelle mani della Fondazione. La collezione del museo (tutte le opere post 1958) mantiene la sua forte identita’ pubblica, sotto l’egida della sovraintendenza comunale, i cui compiti sono specificamente di tutela e conservazione. Il Macro rimane sempre nel circuito dei Musei in Comune. Insomma: la discriminante è nella gestione, immobili e collezione rimangono saldamente pubblici, i privati contribuiscono alle spese per la programmazione».