Il suono ridefinisce la realtà

Il suono esplora diverse dimensioni dello spazio, ridefinisce la realtà e ci aiuta a comprendere talvolta situazioni sconosciute

Il suono racconta qualcosa che comprende i segni e l’universo del linguaggio. Protagonisti di una rassegna inedita, votata alla contaminazione e alla sinergia virtuosa. Curata da Elena Abbiatici e Valentina G. Levy, parte il 26 luglio Cosa si prova ad avere un suono in testa? Spostamenti e ridefinizioni di un gruppo di artisti nell’ex spazio della galleria Romberg a Roma (oggi Nowhere, piazza De Ricci 127).

Qui l’orchestra creativa propone un concerto di note e immagini, sonorità e visioni messe insieme per rigenerarsi e riscoprirsi.  Ogni artista sceglie il suo strumento. Si comincia con le tavole incisorie di Alessandro Fornaci, dense di simboli e di segni ancestrali, dove passato e futuro si muovono lungo la linea ciclica di un’eterna replica, nel teatro della realtà. Poi vanno in scena le rappresentazioni grafiche dei cinque sensi nobilitati nei cinque solidi platonici – perfezione e bellezza – chiusi in una simbologia prorompente che affonda nell’astrologia, nell’alchimia, nella quintessenza. Ma Fornaci propone anche una performance dimostrativa di un processo che gli permette di ottenere, tramite vibrazioni sonore da fonti differenti, nuovi processi di stampa.

Ai piani inferiori le ridefinizioni di Alessandro De Francesco spingono a riflettere sugli ostacoli della comunicazione. Partendo dall’impossibilità di comprensione, in mancanza di dati chiari e non contaminati, la prosa-poesia di De Francesco presenta una nuova definizione del reale, attraverso un linguaggio lirico, descrittivo e narrativo. L’autore crea ciò che lui stesso definisce il “linguaggio-mondo”, circoscritto dalla parala e dai suoni. Continuando a seguire il percorso si arriva alle composizioni sonore di Roberto Pugliese con il progetto “Aseptic”, nato dall’incontro con musicisti improvvisatori napoletani. Una musica come pratica per sfuggire al moto accentrativo e disciplinatore dell’individualità unita alla capacità di Pugliese di prelevare in tempo reale quei suoni dagli strumenti, rielaborarli e caricare di nuovi stimoli ed energie l’improvvisazione. E ancora la realtà viene investita e trasformata. Il fruitore viene catapultato in altre prospettive, altre ambientazioni: si estranea dalla percezione visiva per immergersi in quella sonora.

E ancora il suono con le sue note, strane e affascinanti, nel lavoro di Silvia Giambrone, il cui video Viola e un poco nervosamente documenta una performance musicale svoltasi nel 2010 all’Upload art project di Trento con i musicisti dell’orchestra JFutura: a dettarne il ritmo il battito cardiaco dell’artista, il cui corpo s’è fatto strumento musicale. L’intento è dimostrare come le relazioni cambino a seconda del significato attribuito al corpo. Quello seminudo della Giambrone è soggetto a tutta una serie di inibizioni che decadono nel suo divenire strumento musicale, sublimato nell’arte della musica cui tutto è lecito. Un connubio fra musica e corpo, dove la musica si incarna nel corpo e il corpo si fa strumento musicale in un infinito scambio fra concretezza e astrazione.

Fino all’8 agosto
Galleria Nowhere
piazza De Ricci 127, Roma