La forma è il contenuto

Un filo rosso, a tratti sottile e a tratti più marcato, unisce in maniera subdola quasi un secolo di storia dell’arte: la problematica sulla percezione e definizione dell’immagine. Da anni, e in particolare dall’apparizione dell’Astrattismo, artisti e intellettuali si interrogano infatti sulla natura e i processi legati alla visione, non solo pittorica, coinvolgendo nella loro disperata ricerca di senso e verità filosofi, semiotici e addirittura neurologi. Quella che lo storico d’arte Ernst Gombrich definiva, nel suo celebre Arte e illusione del 1960, “teoria dell’illusione” secondo la quale una rappresentazione pittorica è un oggetto che produce, negli uomini che la osservano, una “illusione consapevole“, è solo una tra le molte e interessanti tracce rinvenibili nella monografica Ellsworth Kelly. La forma è il contenuto, di Maria Giuseppina Di Monte (De Luca editori d’arte, 2010) presentata ieri al museo Macro di Roma.

Alla presenza dell’autrice e del direttore del Macro Luca Massimo Barbero, insieme con Brunella Antomarini (ordinario di estetica, John Cabot university), Maria Vittoria Marini Clarelli (soprintendente alla Galleria nazionale d’arte moderna), Isabella Pezzini (ordinario di semiotica alla Sapienza università di Roma), è stato dibattuto l’articolato saggio che costituisce la prima monografia italiana dedicata a Kelly, uno degli artisti più significativi della seconda metà del novecento.

Una figura complessa e  sfaccettata quella del pittore statunitense, più vicino in realtà alle atmosfere poetiche dell’Europa e della Francia in particolare. I lavori dell’artista, che sono presenti nelle  più importanti collezioni dei musei americani, dal Moma al Whitney, ed europei, dalla Tate modern al Centre Pompidou, sono oggetto nel testo di un’analisi dettagliata e circostanziata, che si interroga  attorno a questioni centrali quali: il rapporto con lo spazio, il problema della forma e della dimensione, il processo della visione e la sua trasposizione iconica. Partendo dalla tesi dello più volte citato in conferenza filosofo Maurice Merleau–Ponty secondo il quale è necessario vedere (e di conseguenza rappresentare) anche e soprattutto lo spazio tra le cose, l’autrice indaga sulla capacità del pittore, lodato da Barbero per la sua fluidità che gli ha permesso di non poter essere catalogato e congelato in alcuna definizione, di interrogarsi senza esaurirsi sull’ideale platonico delle forme immutabili rispetto all’esperienza e sulla possibilità della loro rappresentazione che determina una simbiosi, appunto, tra la forma e il contenuto.

È possibile vedere le opere di Kelly in occasione della mostra Jean-Auguste Dominique In gres e Ellsworth Kelly, curata da Eric de Chasse,y all’accademia di Francia a Roma (Villa Medici), fino al 26 settembre.