Novelle crudeli

Un universo contraddistinto da tragedie domestiche dai toni splatter, morbosità patologica delle relazioni interpersonali («figlio di puttana perché le hai dato quella roba piena di virus? Come hai potuto farlo. La conoscevi fin da bambina») e ripugnanti legami di parentela («zio Carmelo ti inculeresti una scrofa?») che possono tormentare fino a portare alla follia. Sono le Novelle crudeli (Eris edizioni, 304 pagine, 14 euro), prezioso volume in bianco e nero realizzato da Francesco Cusa con illustrazioni di Daniele La Placa. Un libro che porta il lettore a confrontarsi (scontrarsi?) con una galleria di personaggi al limite della follia, profondamente inquietante nella sua banalità e che li logora da dentro, conducendoli alla costruzione di un terrificante paesaggio interiore che squarcia la loro esistenza senza concedere un istante di lucidità, neppure poco prima dell’inesorabile dipartita. Anzi, in quasi tutte le sue storie, Cusa – catanese classe 1966, alterna la carriera da musicista a quella di scrittore e critico cinematografico – rappresenta la trasfigurazione finale dei corpi e delle anime dei personaggi nelle loro malattia compulsiva, da cui forse possono riscattarsi soltanto con la morte fisica. Si tratta infatti di un’umanità malata incapace di redimersi («Osvaldo era un bugiardo. Sparava tante cazzate. Troppe cazzate. Fece una fine di merda»), priva di qualsivoglia punto di riferimento; una sorta di schizofrenia che ritroviamo nella struttura di ogni singolo racconto, che è stato costruito tenendosi alla larga da una narrazione classica.

Da parte sua, Cusa non persegue nessuna forma di intrattenimento puro né intende appagare alcuna aspettativa: le storie che Novelle crudeli custodisce, piuttosto, rappresentano dei ripugnanti canti finali di un’umanità apatica che compie la sua alienazione nel grottesco («A sei anni, mentre stava a giocare col suo fiorellino e la terra, le era apparso Cristo in moncherini»). Storie che l’autore sviscera con cinismo destreggiandosi abilmente tra horror e fantastico, macabro e surreale – «la pastina col dadaismo si dà a dei bambini morti con le magliette con le pipe che non sono pipe» –, facendo emergere ciò che di più basso smuove i vizi, gli istinti e le morbosità dell’uomo contemporaneo e offrendo un sincero campionario dei peggiori casi umani della società («Quando morì zia Lara non fu un gran lutto per la famiglia Scaccianoce. Era da tempo malata la vecchia, con quelle orbite schizzate, le sclerotiche iniettate di fiele e screziate qua e là di filamenti vermigli»). E ancora, spazio a stimati professionisti schiavi del delirio consumato nel segreto dei propri appartamenti, donne sadiche e vendicatrici che mutano l’omicidio in virtù, case che intrappolano uomini allucinati da un orrore senza volto, umani ripugnanti e osceni sformati dalle proprie manie. Il vero orrore non è mai stato così terreno. Info: www.erisedizioni.org

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