I due mondi di Bertelé a Napoli

Non ho mai chiesto quali suggestioni, emozioni, respiri, Francesco Bertelé ha immagazzinato in questo suo percorso o quali momenti, modalità, ritmi ha interiorizzato da questa sua esperienza. Proverò a interpretarlo, dal mio punto di visione, da una prospettiva mediata dai suoi racconti, dalle informazioni che, man mano e a suo modo, mi ha dato a conoscere e che, ora comprendo, hanno costituito un ulteriore transito del suo piano di lavoro, un ulteriore spostamento della sua ricerca, fino qui. La sua poetica è innanzitutto frutto della presa di coscienza di un mondo interiore, riflessivo e schivo, in cui gli elementi personali sono velatamente palesati, ma è allo stesso modo conseguenza consapevole di un mondo esteriore, fatto di ritrovamenti e di raccolte, di camminamenti e di scoperte. Ciò che è privato si schiude al paesaggio, alla natura, per ritornare poi a sé, nutrito di nuova linfa e ancora di nuova introspezione. Tutto questo ha origine da uno scambio osmotico tra interno ed esterno, tra soggetto e oggetto, si tratta di un processo di consapevolezza del sé attraverso la messa al mondo del proprio Io, ritrovando nel di fuori una nuova meta d’appartenenza.

Le installazioni ambientali di Bertelé rappresentano nuovi scorci d’osservazione sul mondo, una prospettiva alternativa che parte dall’esplorazione dei luoghi e dal camminamento consapevole nei territori percorsi. Attraverso un procedimento di mappatura e di archiviazione di segni ed elementi presenti nel paesaggio naturale, l’artista produce nuove situazioni di apprendimento, per mezzo di tracce sul territorio che si elevano a condizioni personali e intime. Dino Morra arte contemporanea presenta la mostra personale di Bertelé, dal titolo From my studio to my studio, a cura della sottoscritta. Per gli spazi della galleria l’artista realizza un lavoro di “ingombro dello spazio”, costruito in stretta risonanza con l’architettura, e di riproposizione in una sede diversa di un elemento naturale da lui vissuto.

From my studio to my studio si costruisce in seguito a un lungo processo corporale ed esperienziale che l’artista compie a partire dall’individuazione di un masso erratico, visibile in prospettiva lineare dalla finestra del suo studio. Attraverso un percorso a piedi, Bertelé stringe una relazione fisica e mentale con la grande roccia in granito serpentino, depositata in modo inusuale sulla cresta del crinale di montagna di fronte alla casa-studio dell’artista, nella foresta regionale dei Corni di Canzo, trasportata dai ghiacciai in espansione durante le ere glaciali.

Il processo di conoscenza del masso, anche definito “trovante”, si compone attraverso un rapporto quotidiano, simbiotico e tattile, tra l’artista e la roccia, al punto da identificarsi come studio o rifugio d’appartenenza. L’installazione ambientale, realizzata  appositamente per gli spazi della galleria attraverso un atto processuale e performativo, espone lo sviluppo di conoscenza del masso e di padronanza delle sue forme e volumi, misurazioni che l’artista realizza con strumenti tecnici atavici,  presi a prestito dalle scienze e dall’archeologia. L’espansione della mappatura di-segnica del masso trovante diviene uno strumento inclusivo per gli spazi della galleria, che accoglie e introduce alla pesantezza ingombrante del masso riproposto. Il progetto è contenitore di altre due opere autonome e inedite, parti di un diverso corpus dal titolo Assenza d’opera – respiro.

Francesco Bertelé, from my studio to my studio, fino al 31 luglio, Dino Morra arte contemporanea, vico Belledonne a Chiaia 6, Napoli; www.dinomorraartecontemporanea.eu