Diario porno-fotografico

La macchina fotografica è un mezzo spietato, che riproduce alla perfezione qualsivoglia dettaglio, cogliendo l’attimo nella sua perfezione e meticolosità rappresentativa. E se questa scrupolosa manifestazione del reale, filtrata dalla sapiente lente di un fotografo giovane e promettente come Andrea Laudisa, volge il suo sguardo audace verso il mondo della pornografia, ecco che si delinea un’intrigante e rivelatoria visione dell’eros e della sessualità.

Nulla di stilnovistico, ovviamente. Nel suo Porno diary, lavoro ancora inedito articolato in tre sezioni e anticipato con sei stampe in mostra alle Officine Ergot di Lecce, l’artista non lascia davvero nulla all’immaginazione e rappresenta nudo e crudo un mondo fatto di sesso sfrenato, incontenibile, senza limiti. La promiscuità carnale diventa oggetto, nonostante ciò, di studio e di attenzione, prestandosi così ad una riflessione concettuale sulle forme della fotografia erotica e pornografica.

Come nasce il progetto Porno diary?

«L’idea del Porno diary nasce nel 2008 ed è uno studio concettuale sotto forma di diario nel quale affronto su più livelli tematiche legate al nudo, quindi all’eros e alla pornografia. Nel tempo esso si snoda su riflessioni più ampie legate a più argomenti, dal ruolo del fotografo nella fotografia contemporanea alla ricerca e allo studio dell’estetica della pornografia amatoriale fino al concetto di esibizionismo legato ai social network. Il tutto, presentato sotto forma di diario, mi permette di aprire e chiudere dei capitoli intersecando riflessioni diverse su più livelli. L’idea nasce nel 2008, come detto, e si fortifica qualche anno dopo, quando inizio a dedicarmi alla stesura della mia tesi di laurea in Storia e Tecnica della Fotografia proprio sulle forme di interazione tra arte fotografica e pornografia. Ciò mi ha dato le basi per poter sostenere il mio percorso artistico con una cognizione diversa».

Che tipo di influenze artistiche ha avuto?

«La mia formazione da storico della fotografia ha fatto si che le influenze, ad oggi, siano innumerevoli. Sicuramente nei miei vent’anni maggiore ascendente lo hanno avuto autori come Araki, Goldin e Samaras. Col tempo, poi, ho assimilato la bellezza storica di alcuni lavori come le stampe all’albumina colorate a mano di Beato e della scuola di Yokohama, o la delicatezza delle fotografie di E. J. Bellocq o Von Gloeden, fino a scoprire l’importanza di esperienze contemporanee come quella di Thomas Ruff e Dash Snow, un autore, quest’ultimo, che amo particolarmente».

Cosa pensa dell’erotismo nell’arte? Quanto è rilevante l’espressione corporea?

«Se parliamo di eros e arte è ovvio che atavicamente esiste un legame indissolubile. Il concetto di pornografia, però, è più contemporaneo e si lega fortemente alla fotografia proprio perché si basa sul principio di diffusione di massa, nonché di emancipazione dall’evento antropico. L’espressione corporea non è fondamentale nella fotografia erotica o pornografica, a meno che ciò che si fotografa non sia un gesto artistico mirato, ma anche in tal caso non sarebbe così ovvio, questo perché il mezzo fotografico mente per sua natura, quindi spesso sconfessa ciò che il corpo vorrebbe dire».

Come crede sia cambiato il ruolo della donna nell’arte erotica, dal passato fino ad oggi?

«Il ruolo della donna nell’iconografia erotica fondamentalmente non è cambiato. Sono cambiati i parametri estetici di massa, così come è cambiato il senso della fruizione dell’immagine erotica, ma il ruolo è sempre uguale che si parli di reificazione o meno».

Qual’è la differenza, a suo avviso, tra la pornografia senza arte e l’arte pornografica?

«Un punto fondamentale dei miei studi risolve questa dicotomia con una formula di una semplicità disarmante. Non esiste una definizione oggettiva di pornografia, per quanto essa possa essere comunemente distinta dall’erotismo da un lato puramente estetico (la condizione alterata e unaria di cui parlava Barthes), pertanto siamo noi a dover cambiare il punto vista sulla questione e smettere di chiederci se la pornografia possa essere o meno arte, accettando incondizionatamente il fatto che l’arte possa essere pornografica. In ogni caso, citando il mitico maestro Ando Gilardi, si potrebbe dire senza sbagliare che una fotografia oscena non è mai una fotografia sprecata».

fino al 2 aprile

Pornografica, Officine Culturali Ergot – Piazzetta Falconieri 3, Lecce – www.ergot.it

Info: www.andrealaudisa.com