Al Contemporary Cluster la multidisciplinarietà costruisce dialoghi

Parla Lorenzo Bruni, il curatore della mostra al Contemporary Cluster di Roma che si interroga sulle potenzialità dell'oggetto/scultura

oggetto scultura, parola, disegno è una mostra collettiva a cura di Lorenzo Bruni con opere di LETIA – Letizia Cariello / Cuoghi Corsello / Vittorio Corsini / Maurizio Donzelli / Pietro Fortuna / Eugenio Giliberti / Vittorio Messina. La mostra è caratterizzata dal dialogo tra opere molto diverse l’una dall’altra ma che condividono un terreno comune concettuale. Per ogni artista sono state selezionate quattro opere, alcune di queste site specific.

Ciò che accomuna ciascun artista è la multidisciplinarietà, perché la tecnica scelta diventa per gli artisti della collettiva un medium, uno strumento levigato e ben tarato per sanare un’urgenza espressiva. La tecnica non è il fine, bensì l’amplificatore di una voce interiore. Si va così dal disegno all’assemblaggio, dall’installazione alla pittura monocroma, dal neon all’uso della parola. Eppure, l’oggetto/scultura — per cui l’oggetto quotidiano risulta prelevato, estratto e allontanato dal contesto di appartenenza — risulta finalmente il più indicato per rispondere a tale proposito.

Nelle intenzioni del curatore tale dialogo consente «di individuare una certa tendenza dell’arte italiana nata, a partire dagli anni ’80 e ‘90, di confrontarsi e reagire alla cultura del post-moderno e dell’onda lunga della pittura figurativa espressionista diffusasi in quel periodo, ma anche rispetto alla successiva proposta neo-concettuale». La mostra sarà visitabile fino al 30 aprile 2025 e mette in campo sette artisti molto diversi tra di loro, le cui opere sono disposte per aree nello spazio espositivo del Contemporary Cluster. Di tutto questo abbiamo parlato con Lorenzo Bruni.

Qual è stata l’idea che ha dato vita all’esposizione?

Il punto di partenza di tutto è stata la domanda che ho fatto agli artisti coinvolti: “Perché esplori il dialogo tra le cose come se puntassi a creare un sistema-assemblaggio di idee, pensieri e oggetti quotidiani?”.

Come hanno risposto i singoli artisti?

Le risposte che mi hanno dato gli artisti sono, naturalmente, visioni differenti che evidenziano la loro singola personalità e visione dell’arte. Allo stesso tempo però è emerso un elemento che li accomuna e che riguarda il praticare e il ricercare una dimensione narrativa con cui, per mezzo del racconto, riescono a dare corpo alle idee o a far convivere cose apparentemente lontane tra loro. Le opere che hanno prodotto appositamente per l’occasione, ma anche quelle scelte (ogni artista ha proposto quattro caratterizzate da tecniche differenti) per dialogare in questo contesto sono invece la risposta pratica e concreta a questa stessa domanda iniziale. Ovvero al dibattito teorico è seguita una presenza concreta, l’opera, da condividere con gli altri, il pubblico.

Quali sono le opere proposte e create per l’occasione?

Donzelli, ad esempio, ha rappresentato una rete che, a causa della non coincidenza tra disegno e colore, si trasforma in un volume illusorio. Propone, quindi, la virtualizzazione di uno spazio all’epoca delle nuove tecnologie digitali…l’opera dialoga poi con una scultura/tavolo che contiene i disegni della serie “Cartesio Drawings”. Il tavolino di Cuoghi Corsello, invece, viene vivificato dalla creta e da alcuni elementi naturali che si trasformano nel corso dell’esposizione perché, asciugandosi l’acqua, la creta andrà a creparsi e a cambiare colore. Ritroviamo la “Natura pietrificata” anche in un nuovo tipo di disegno o nell’assemblaggio di bacchette di neon.

Letizia Cariello trasforma, attraverso l’ordito, un portale d’oro di campagna in un portale quantico. Eugenio Giliberti astrae la poesia di Leopardi attraverso il colore: la pittura diventa così una chiave di accesso alla cultura del passato. Espone poi i suoi “oggetti platonici”. Vittorio Messina realizza un omaggio al San Girolamo di Antonello Messina. Nell’opera del contemporaneo, tuttavia, il santo portatore della conoscenza si è assentato momentaneamente…la sedia non è presente accanto allo scrittoio. Altri lavori sono in dialogo con un grande letterato del passato, James Joyce.

Pietro Fortuna propone un pannello fotografico, in dialogo con una scultura nella quale sono inclusi oggetti di consumo quali scatole di sardine o una mela. Quest’ultimi sono inglobati all’interno di una struttura particolare che rievoca la forma a forcella del diapason, strumento acustico. Si allude quindi all’idea del suono e dell’eco, alla propagazione sonora nello spazio. Vittorio Corsini usa i led di colore giallo e arancione per espandere i confini del quadro. Presenta, inoltre, una scultura di una casa in vetro trasparente poggiata su dei blocchi di marmo di Carrara: nonostante la geometrizzazione della struttura, l’opera restituisce un’idea di instabilità. Queste sono solo alcune delle opere presenti nella collettiva che è nata come un’operazione corale, piuttosto che essere frutto esclusivo della scelta di un curatore o di un singolo artista.

Che approccio curatoriale hai adottato?

Volevo sottolineare un metodo critico ovvero che, quando ci addentriamo nel lavoro di alcuni artisti come quelli in mostra, dobbiamo focalizzarci sul loro modo di ragionare e non sulla tecnica che adottano. Infatti, loro non posseggono una precisa cifra stilistica-formale, bensì un’attitudine personale a interagire con l’arte e con la vita. Volevo puntare a far emergere il loro modo di porsi e di provocare un dialogo con l’altro diverso da sé.

Cosa volevi evidenziare con questa operazione?

Le visioni offerte da questi sette artisti sono molto diverse l’una dall’altra… è difficile, infatti, che vengano proposti insieme in occasione di mostre canoniche-istituzionali. Soltanto osservando le loro opere in questa particolare occasione di mostra, si riescono a individuare degli elementi comuni: l’uso della parola e dell’oggetto quotidiano, il tema del tempo — la sua rappresentazione, la sua condivisione con altri esseri viventi, il pensiero sul suo trascorrere. Letizia Cariello crea un calendario e con il portale introduce al concetto di tempo metafisico. La creta di Cuoghi-Corsello si consuma e cambia forma. Il televisore di Messina è sintonizzato su un’assenza di canale creando un rumore di fondo “fuori dalla storia”… Tutte le opere sono delle “time-machine”.

Secondo te quindi cosa mette in luce questa collettiva?

Alla fine, la mostra ci parla dell’abitare. Come noi abitiamo gli spazi, come ricordiamo gli spazi che abbiamo abitato, come condividiamo l’abitare degli spazi. La mostra mette insieme gli artisti legati a una generazione che ha dovuto prendere posizione rispetto alla Transavanguardia, ma anche rispetto agli artisti neo-concettuali degli anni Novanta. I sette della collettiva propongono non solo un aspetto concettuale “freddo” ma anche un modo di procedere più intuitivo, calato in una pratica processuale. C’è molto di metafisico, misterioso, non spiegabile da una mente razionale. Questo si verifica nell’arte perché la realtà non può essere completamente decifrata tramite le leggi analitiche della scienza. La scienza può, tuttavia, supportare la volontà umana di mettere ordine nel caos del mondo.

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