Il quadro giuridico in materia di eredità digitale è in costante evoluzione: attualmente, in Italia così come in Europa. Occorre pianificare il passaggio dell’eredità digitale, anche al fine di evitare complessi e costosi contenziosi a livello internazionale, posto che alcune delle principali piattaforme online sono residenti all’estero e applicano norme di diritto straniero. Ne parliamo con il Notaio Paola Casali di Milano (cdqnotai.it), esperta di eredità digitale e patrimoni artistici di famiglia.
Di quali elementi si compone l’eredità digitale?
Per comprendere cosa intendiamo, occorre partire dal fatto che la rivoluzione tecnologica ha creato un’identità digitale, il cui patrimonio si compone di una moltitudine di dati virtuali, sempre più estesi e articolati, attraverso i quali si estrinseca la personalità individuale. Tutti questi dati digitali, pur non essendo tangibili, si estrinsecano nella rete informatica e appartengono al soggetto che li crea e possono avere un valore non soltanto affettivo ma anche economico.
Questo patrimonio – definito in senso ampio eredità digitale – si compone di:
- Dati personali: informazioni sul profilo dell’utente che accede alle diverse piattaforme.
- Profili online: piattaforme social, servizi di salvataggio di contenuti da remoto (cloud storage), più frequentemente account di posta elettronica e tutti quei documenti virtuali che si trovano su sistemi informatici.
- Contenuti digitali: contenuti social, blog, file, immagini, foto, video, testi e opere archiviate su supporti digitali.
- Asset digitali: asset finanziari, criptovalute e beni virtuali che possono anche comprendere opere d’arte NFT (Non Fungible Token), la cui proprietà è attestata attraverso la tecnologia blockchain.
Le credenziali di accesso sono invece elementi che consentono di accedere al patrimonio digitale, ma di per sé non ne fanno parte perché non hanno una propria natura autonoma rispetto ai contenuti che lo compongono. Le credenziali di accesso si riferiscono nella prassi a username, password e PIN che nel gergo informatico vengono definiti come Something you know (qualcosa che conosci). In caso di morte dell’utente, sorge la questione di quale sia la sorte e il destino di tutto questo insieme di dati virtualmente formati nel corso della propria vita.

Esiste una normativa specifica in materia di eredità digitale in Italia? Esistono altri ordinamenti che ne hanno disciplinato la natura soggettiva e oggettiva e i principali profili giuridici?
La realtà corre più veloce del diritto perché l’accesso all’eredità digitale dipende da società straniere che hanno solitamente la propria sede al di fuori dell’Italia e dell’Unione Europea, i cui contratti relativi alla fornitura di servizi sono regolati da normative che non si conoscono e la cui interpretazione difficilmente può essere rimessa a giuristi italiani.
In caso di controversie sul passaggio di questi dati mortis causa, andrebbero attivati contenziosi internazionali, molto complessi e costosi. Il ricorso alla giustizia italiana non sempre aiuta a recuperare l’eredità digitale e gli account che vengono cancellati dal provider dopo un certo periodo di inutilizzo. Considerato che non esiste una normativa italiana sull’eredità digitale, occorre giocare di anticipo per individuare gli strumenti facilmente accessibili e idonei a gestire il passaggio dell’eredità digitale in maniera sicura e certa.
Ad esempio, alcune società straniere prevedono ora nelle impostazioni generali dei dispositivi informatici, che si possa selezionare il “contatto erede”, che consiste nella designazione di una o più persone di fiducia, alle quali viene consentito di avere accesso all’account, ai suoi dati per scaricarli, dopo il decesso del titolare. In questo modo viene notificata al soggetto designato una chiave d’accesso, che potrà essere attivata dietro presentazione del certificato di morte del titolare.
Nel diritto angloamericano basato sul common law, che regolamenta molti degli account, si registrò uno fra i primi casi in materia di richiesta di accesso alla posta elettronica di un marine defunto in Afghanistan agli inizi degli anni 2000. La corte statunitense ordinò al provider di consegnare tutta la corrispondenza giacente nella posta elettronica del giovane militare, disattendendo così le condizioni generali del contratto in questione che prevedevano la soppressione della casella in caso di morte del suo titolare.
Un caso analogo è stato registrato in Italia, laddove il Tribunale di Milano si è pronunciato con un provvedimento di urgenza per evitare che, dopo un periodo di inattività dell’account cloud, i dati contenuti fossero automaticamente distrutti. In questo modo è stato possibile recuperare le credenziali di accesso da parte dei genitori di una persona defunta e tutta l’eredità digitale di questa persona deceduta.
Il tema, particolarmente delicato per le implicazioni sia emotive sia giuridiche che comporta, pone il problema della disciplina della successione mortis causa, legittima o testamentaria, che abbia per oggetto beni digitali, i quali nel loro complesso, riferiti al fenomeno successorio, costituiscono quella che oggi viene appunto definita l’eredità digitale.
Si può disporre dei propri diritti e interessi digitali tramite testamento? E in che cosa consiste il mandato post mortem?
La rivoluzione digitale ci invita a considerare che esiste un patrimonio intangibile – fino a qualche decennio fa sconosciuto – da lasciare ai nostri successori. Dal momento che l’eredità digitale ha una natura diversa dai beni mobili e immobili, che vengono individuati con modalità tradizionali, occorre verificare se l’utilizzo del testamento sia lo strumento idoneo per consentire questo passaggio generazionale di dati.
Sappiamo che per accedere all’eredità digitale occorre entrare nella disponibilità di chiavi di accesso riservate, che non posso essere in alcun modo rese pubbliche. Il testamento diventa noto a tutti e consultabile da chiunque dopo la sua pubblicazione. Pertanto, l’esigenza della riservatezza, tipica delle chiavi di accesso o di codici informatici, si scontra con la natura pubblicistica del testamento. Occorre quindi valutare quando determinati dati e asset digitali possano essere inseriti nel testamento e quali dati invece debbano essere trasmessi ai propri beneficiari testamentari con altri strumenti che garantiscano il loro utilizzo in maniera appropriata.

Fra questi strumenti giuridici, esiste il mandato post mortem, che si sostanzia in un incarico affidato a un soggetto fiduciario di compiere determinate attività di natura esclusivamente materiale, quali quelle di trasmettere beni digitali o credenziali di accesso ai beneficiari mortis causa del mandante. Questo strumento giuridico è un contratto concluso tra il mandante de cuius e il proprio mandatario, soggetto di fiducia, non viene reso pubblico come il testamento e assolve al compito di fornire in via sicura e segreta tutte quelle informazioni che sbloccano account e trasferiscono dati da un soggetto a un altro in maniera tempestiva. In questo caso quindi il mandatario è un semplice esecutore materiale, che consegna dati affidati dal defunto alla morte di questo ai suoi eredi o legatari.
L’eredità digitale può essere invece oggetto del testamento, in quanto è possibile individuare, fra i singoli beni digitali aventi valore patrimoniale, i rispettivi beneficiari, attraverso la nomina di erede o la previsione di attribuzioni specifiche a soggetti prescelti, disponendo di legati.
Quali beni sono compresi e quali esclusi dall’eredità digitale?
Come abbiamo esaminato precedentemente fanno parte dell’eredità digitale tutti i documenti legittimamente acquisiti che hanno un contenuto digitale. Sono invece esclusi da questo patrimonio, tutti quei dati digitali, che si estinguono con la morte del soggetto titolare, quali le firme elettroniche o contenuti legati a licenze d’uso non trasferibili mortis causa. Insomma, tutto ciò che ha natura personalissima. Tutti gli altri beni di valore economico, che compongono l’eredità digitale possono invece essere oggetto di trasferimento a causa di morte.
È di recente pubblicazione, da parte del Consiglio Nazionale del Notariato, il decalogo sull’eredità digitale, che tiene conto delle più recenti novità normative. Quali sono le principali novità e indicazioni contenute nel vademecum?
Contrariamente a quanto si immagina, il Notariato, pur essendo una professione tradizionale, è da sempre molto sensibile alle tematiche sull’innovazione digitale, che viene ampiamente utilizzata nel salvataggio dei dati, nella stipulazione degli atti informatici e nel ricorso alle assemblee full digital, come pure nell’invio delle copie su supporto digitale.
Il Decalogo del Consiglio Nazionale del Notariato fornisce indicazioni molto pratiche e chiare per pianificare il passaggio mortis causa dell’eredità digitale, sensibilizzando, attraverso questa recente guida, il cittadino a designare l’erede digitale e utilizzare tutti gli strumenti offerti dal nostro ordinamento per consentire il passaggio sicuro dell’eredità digitale. In particolare, il Decalogo del Consiglio Nazionale del Notariato, attraverso 10 punti, riassume gli elementi principali che riguardano gli aspetti che stiamo esaminando.
Eredità digitale e opere d’arte. Quali sono i principali aspetti legati alle collezioni di famiglia rispetto alla digitalizzazione dei beni e alla loro custodia e valorizzazione in ambiente digitale?
L’eredità digitale, come stiamo vedendo, rappresenta una sfida cruciale nell’epoca contemporanea, in particolare, per quanto riguarda le opere d’arte e le collezioni. Attraverso il ricorso alla digitalizzazione delle opere, è possibile valorizzarle e renderle accessibili in maniera sempre più vasta.
Questo aspetto è tuttavia strettamente connesso al diritto di riproduzione e allo sfruttamento economico dell’opera; aspetto che diventa particolarmente rilevante nel contesto delle successioni a causa di morte: da un alto, il testatore deve disporre correttamente dei diritti relativi all’opera d’arte digitale e, dall’altro, gli eredi devono poter disporre legittimamente dei relativi diritti patrimoniali ricevuti per successione. Esistono ormai piattaforme sulle quali sono state digitalizzate intere collezioni, come il Metropolitan Museum of Art che ha caricato sul proprio sito una parte significativa della propria collezione, in Europa i musei più importanti stanno compiendo un intenso lavoro di digitalizzazione del proprio patrimonio artistico. La digitalizzazione si sta rivolgendo gradualmente anche alle collezioni familiari e agli archivi d’artista.

Paola Casali è notaio a Milano. Si occupa di diritto civile, societario, immobiliare e successorio. Paola è stata Consigliere del Consiglio Notarile di Milano per due mandati ed è stata docente presso la Scuola di Notariato della Lombardia in materia di diritto delle successioni. Paola è laureata con lode in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano e, dopo aver superato l’abilitazione alla professione di avvocato a Milano, ha lavorato presso primari studi legali italiani e internazionali.