Pastorale, un racconto arcadico di resistenza

La nuova mostra milanese di Nico Vascellari a Palazzo Reale mette al centro la natura e la sua forza generatrice tra silenzio e boato

Le cose d’ogni giorno
Raccontano segreti
A chi li sa guardare
Ed ascoltare.

La celebre canzone di Sergio Endrigo, Ci vuole un fiore, amata soprattutto dai bambini, offre l’incipit perfetto per raccontare Pastorale, l’ultima opera site-specific di Nico Vascellari a Palazzo Reale di Milano, allestita negli spazi della Sala delle Cariatidi.

C’è tanto da dire su Pastorale, c’è tanto quanto in una genesi, una potenzialità, in uno scopo. Ma c’è altrettanto da ascoltare, come per esempio il silenzio che invade l’atmosfera quasi sacrale e interrotto di colpo da un fragore roboante e inaspettato, in cui qualcosa accade. Un appezzamento di terreno abita lo spazio della sala con terra scura e timidi ciuffi d’erba contro architetture preziose e specchi pieni di ricordi, cariatidi spezzate e lesene mutile.

Pastorale è un racconto arcadico di resistenza e di resilienza, che esplode di vita nella costanza perpetua della fioritura di un seme, all’interno di un luogo offeso dalla guerra, manifesto esplicito degli orrori distruttivi che la prepotenza umana può generare. L’opera di Vascellari annulla con tutta la sua forza rigenerante la violenza delle bombe, ponendo al centro di tutto la natura e la sua potenza generatrice. Come la bellezza, che quando è pura non smette di essere tale e continua a emanare luce attraverso squarci e ferite, la Sala delle Cariatidi rimane un autentico gioiello nel cuore di Milano e assieme a Pastorale propone una riflessione sulla fragilità del tempo e sulla nostra condizione mortale, tutt’altro che eterna. Un seme, molti semi, eiaculati in un impeto sonoro da un grande grembo sferico posto al centro dell’opera, possono sopravvivere al tempo. Un solo minuscolo seme di una pianta infestante, una qualsiasi che si trova fra i campi selvatici e non addomesticati dall’uomo diventa un portale spazio-temporale in cui chi osserva già può immaginarne il divenire e anticipare una visione futura: un prato verde.

«Quest’opera non è drammatica, è anticipatrice del futuro e nello stesso tempo parla di qualcosa di atavico che precede la civiltà umana e ogni cultura: il rapporto con la terra, la spinta vitale di un seme. Sono semi dissidenti di piante situazioniste, infestanti così come è infestante la poesia, l’arte, la letteratura, la presenza umana». Queste, le parole di Sergio Risaliti, curatore della mostra e figura di riferimento accanto a Nico Vascellari da anni, che individua nell’artista un portavoce costante di moniti e positivi spunti di riflessione, tesi al miglioramento globale in cui ogni individuo è chiamato a fare meglio, a fare qualcosa di buono, a provarci quantomeno e a non lasciare nulla intentato.

Ogni elemento che compone l’installazione, dal sistema di irrigazione interno alle piantine fino alla terra stessa, verrà riutilizzato affinché nulla vada sprecato e tutto si inserisca all’interno del cerchio vitale, trasformandosi. L’immersione nella natura, rappresentata dalle montagne e dai boschi dove è cresciuto, a Vittorio Veneto, è sempre stata per Vascellari una fonte di ispirazione: se la violenza umana e la sua capacità distruttiva si infrangono contro il potere superiore della natura, è sempre nella natura che si può ritrovare un senso di riequilibrio.

Un’altra firma di Vascellari sono i Boop, creature fantastiche che hanno accompagnato alla mostra, per vegliare con uno sguardo alieno su quanto accade all’interno della Sala delle Cariatidi. Lo stesso Spara Semi sembra suggerire una presenza extra terrena che, anche dopo un’ipotesi di catastrofe, potrebbe donare nuova vita su terre rase al suolo.

Nico Vascellari (1976, Vittorio Veneto) vive e lavora tra Roma e Vittorio Veneto. La sua ricerca si articola e prende forma attraverso diverse pratiche, tra cui performance, scultura, installazione, disegno, video e suono. Attraverso uno sguardo dal carattere antropologico, analizza tematiche legate alla natura e al suo rapporto con l’uomo, a fenomeni ancestrali e rituali, a folklore e tradizioni, contaminandole con una dimensione underground.

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