Alla Fondazione Nicola Del Roscio TJ Wilcox racconta Eileen Gray tra cinema e architettura

L'esposizione romana dell'artista TJ Wilcox presenta un ritratto cinematografico della celebre designer Eileen Gray

Due proiettori, due filmati differenti posti uno accanto all’altro e qualche sedia. Una luce blu che già dall’ingresso attira lo sguardo. Queste le uniche cose che abitano il salone a pianta ovale della Fondazione Nicola Del Roscio di Roma, che fino all’11 aprile 2025 ospita Hiding in Plain Sight, mostra dedicata all’artista multidisciplinare americano TJ Wilcox. Curata da Davide Pellicciari e Carlotta Spinelli, protagonista dell’esposizione è l’omonimo film dell’artista: un ritratto cinematografico della celebre designer Eileen Gray, considerata una delle più importanti pioniere del movimento modernista, capace di spaziare dall’architettura al design d’interni, dalla pittura alla progettazione di mobili.

I curatori conoscevano l’artista e il suo straordianrio lavoro, soprattutto nella pratica dei film, ma è nel corso di una cena che casualmente nasce il progetto espositivo. Pensato appositamente per la Fondazione e per la prima volta in Italia, dopo essere stato proposto alla galleria londinese Sadie Coles HQ nel 2024, il lavoro di Wilcox, composto di due filmati differenti ma sincronizzati, si adatta agli spazi romani dando vita a un diverso allestimento, con i due film posti uno accanto all’altro (e non uno sopra e l’altro sotto). La mostra è completata dalla presenza di una serie di pannelli Chroma-Luxe in alluminio, sui quali sono stati trasporti frame dell’opera, della parte onirica, selezionati dall’artista stesso. Queste immagini, dai colori vibranti e dai titoli evocativi, traducono in chiave visiva il genio di Gray, restituendo un’interpretazione poetica della sua estetica.

Nel suo film, Wilcox focalizza l’attenzione su un momento di svolta e trasformazione della vita della Gray, sia dal punto di vista lavorativo che personale: la progettazione della villa E-1027 a Roquebrune-Cap-Martin, in Francia. Questa residenza, considerata la prima gesamtkunstwerk, un’opera d’arte totale, della Gray, ne incarna la filosofia secondo la quale ogni dettaglio, dagli elementi architettonici agli arredi come tappeti, letti, specchi e sedute, contribuisce all’armonia complessiva dello spazio abitativo. Il progetto di Wilcox indaga il processo creativo e personale che ha portato alla nascita di questo capolavoro modernista, documentando il rapporto tra Gray e il suo compagno, l’architetto, critico e redattore di origini romene Jean Badovici, che la sfidò a cimentarsi nell’architettura con la provocatoria domanda: “Perché non costruisci?”.

E così, raccolta questa sfida, la designer iniziò i lavori della villa bianca a picco sul mare della Costa Azzurra tra il 1927-28, portandoli a termine in pochi anni e chiamandola E-1027: E sta per Eileen, 10 per la J di Jean, 2 la B di Badovici e 7 la prima lettera di Gray. Ma il rapporto tra la designer irlandese e l’architetto romeno una storia d’amore complessa e tormentata, in cui l’arte, e in particolare l’architettura, ha avuto un ruolo centrale. La villa è il simbolo di un legame complesso e di una storia d’amore tormentata, in cui l’arte, e in particolare l’architettura, ha avuto un ruolo centrale e che terminerà con la separazione dei protagonisti. Come l’amore tra i due artisti, l’abitazione non ha avuto una vita semplice: abitata per poco tempo, è stata per lunghi anni abbandonata a se stessa, e solo recentemente è stata restaurata.

Ed è in questo periodo che Wilcox, da sempre interessato alla figura di questa straordinaria architetta e designer, ha avuto la possibilità di filmare all’interno della E-1027, utilizzando uno spazio adibito alla proiezione come set per il suo film: un’area dell’abitazione rimasta nascosta, sebbene fosse in bella vista per circa 100 anni. In questo modo, l’ambiente è stato “attivato” dall’arte di Wilcox per la prima volta nella storia della casa, come se fosse una lampada progettata dalla stessa Gray ma in attesa di essere illuminata.

Il risultato è il film in mostra che, come anticipato, è diviso in due sezioni, che procedono separate ma parallele: da una parte vi è la parte documentaristica che racconta la storia biografica di Eileen Gray e della sua casa; dall’altra vi è una parte poetica e onirica, composta da una serie di parti di film, selezionati da Wilcox stesso, prodotti e registrati durante gli anni di costruzione della villa: filmati d’archivio che vanno dal 1927 al 1932 circa, post-prodotti con una lente blu dall’artista. Tra questi spezzoni, ci sono frame del mediometraggio Invitation of Voyage (1927), ispirato all’omonima poesia di Charles Baudelaire, presente nella raccolta I fiori del male pubblicata per la prima volta nel 1857 e comprendente 85 poesie.

Le due sezioni dell’opera sono legate dall’idea del viaggio. Parafrasando la poesia di Baudelaire, l’invito al viaggio era anche un invito d’amore: viene evocato un mondo ideale ispirato dalla donna amata e dalla poesia, due soggetti che si fondono della speranza di un viaggio perfetto. Allo stesso modo, tutti i filmati che compongono la parte onirca del lavoro, trattano del viaggio, trattano di questa storia d’amore. E sono accostati al viaggio che ha intrapreso la Gray, questo suo amore per le arti applicare per per questo luogo d’arte totale, in cui sperimentare tutte le sue idee sull’architetture e sul design.

L’installazione di TJ Wilcox si propone come un dialogo tra passato e presente, tra cinema e pittura, tra documentazione storica e sensibilità artistica contemporanea. Il film di Wilcox invita lo spettatore a riflettere sulla visione rivoluzionaria di Gray, una donna che ha saputo interpretare il modernismo con una sensibilità unica. La sua formazione, radicata nell’Art Nouveau e sviluppata attraverso l’apprendistato con il maestro giapponese Seizo Sugawara, l’ha portata a innovare il design d’interni e l’architettura con materiali e tecniche d’avanguardia. Il suo lavoro, inizialmente celebrato sulle pagine di Vogue e nelle esposizioni del Salon des Artistes Décorateurs, ha guadagnato il rispetto di figure come Le Corbusier, Walter Gropius e Marcel Breuer, consolidando il suo ruolo nella storia del design.

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