Il labirinto di Tim Burton

La mostra a Milano offre un percorso immersivo e interattivo che esalta l’opera cinematografica del cineasta dark

Dopo la mostra Il mondo di Tim Burton, al Museo nazionale del cinema di Torino, la città di Milano apre le porte fino al 9 marzo 2025 a un’esperienza immersiva che guida il visitatore attraverso l’universo fantastico del regista dark per antonomasia. Accolta dalla Fabbrica del Vapore, la rassegna Tim Burton’s Labyrinth (per la prima volta in Italia, dopo Spagna, Francia, Belgio e Germania, con oltre 650.000 visitatori) è una creazione originale di Letsgo Company, in partnership con lo stesso poliedrico (e ingegnoso) cineasta californiano e presentata da Alveare produzioni.

Già all’ingresso non c’è margine di fraintendimento: «Burton è noto maggiormente per il suo lavoro cinematografico, ma in questa mostra è esibita tutta la sua produzione come illustratore, pittore, fotografo e creatore». Un artista multidisciplinare, tra le menti più creative e originali dell’odierno, la cui estetica valica mezzi, formati e dimensioni. L’invito a lasciarsi catturare da questo percorso è rivolto a grandi e piccoli: la mostra evidenzia l’opera cinematografica del papà di Edward mani di forbice (1990), The Nightmare Before Christmas (1993), Charlie e la Fabbrica di cioccolato e La sposa cadavere (2005), Alice in Wonderland (2010) – ma potremmo andare avanti all’infinito –, evocando uno stile visivo inimitabile e subito riconoscibile.

Centinaia di opere plasmate in oltre 40 anni di carriera (gli iconici cortometraggi Vincent e Frankenweenie risalgono, rispettivamente, al 1982 e al 1984) sono custodite, come in uno scrigno prezioso, all’interno del Tim Burton’s Labyrinth (idea originale di Iñaki Fernández). I visitatori sono quindi invitati a scegliere un itinerario tra oltre trecento possibilità. Attivando un pulsante all’inizio del percorso, comincia il viaggio – condito da personaggi, disegni e dipinti della sterminata opera burtoniana – che ciascuno può personalizzare aprendo le porte che desidera.

Un vero e proprio dedalo – la cui idea nasce dal volume “The art of Tim Burton” di Leah Gallo e Holly C. Kempf sulle illustrazioni e gli universi burtoniani –, che comprende opere d’arte originali del folletto di Burbank: scenografie ambientali e disegni che spaziano dalle prime bozze alle sequenze animate realizzate nel corso della sua carriera, incredibili effetti speciali e di videomapping. I personaggi prendono forma e sostanza nello spazio espositivo tra oltre 150 tra dipinti e bozzetti, 55 opere d’arte animate, 21 figure a grandezza naturale provenienti dai set delle pellicole e dalle storie, sorprendenti ricostruzioni scenografiche.

Ogni spazio ha un tema differente e abbraccia elementi cardine della poetica di Burton: dagli animali («guizzano dentro e fuori dalla scena, come antagonisti o compagni») agli amici/nemici («i personaggi anticonformisti ed eccentrici di Tim riescono a essere affabili o respingenti, e a volte entrambe le cose»), dai mostri incompresi «e considerati malvagi a causa del loro aspetto» all’amore («che si mostra in forme diverse: il triangolo amoroso di Victor, Emily e Victoria ne La sposa cadavere; l’amore teso tra un padre e un figlio in Big Fish; l’amore di un bambino per il suo cane che trascende la morte in Frankenweenie»).

Un’esperienza incredibile e inaspettata, proprio come Johnny Depp – l’attore feticcio di Burton, di cui è un grandissimo amico – ricorda la prima volta che ha lavorato con il geniale cineasta. «Era in Edward mani di forbice. Tutto ciò che avevo, oltre alla mia immaginazione, era un disegnino fatto da lui. Mi è bastato dare un’occhiata a quello schizzo per capire chi era Edward e di cosa parlasse il film».

info: fabbricadelvapore.org

Articoli correlati