Da quando Creative Australia ha deciso di escludere a sorpresa l’artista Khaled Sabsabi dalla rappresentanza dell’Australia alla Biennale di Venezia 2026, molte sono state le reazioni. La decisione è arrivata meno di una settimana dopo l’annuncio della sua selezione insieme al curatore Michael Dagostino (CEO del Chau Chak Wing Museum dell’Università di Sydney) anche egli rimosso dal progetto.
Dopo la decisione unanime del consiglio di Creative Australia, Sabsabi e Dagostino hanno rilasciato una dichiarazione congiunta esprimendo profonda delusione e dolore. Tuttavia, hanno ribadito la loro intenzione di presentare comunque l’opera su una piattaforma globale cercando il supporto della comunità per realizzarla. Hanno inoltre affermato che l’arte non dovrebbe essere censurata in quanto gli artisti sono espressione del loro tempo, e che il mondo dell’arte australiana continuerà a far sentire la propria voce nonostante questa decisione.

Proteste e reazioni
Difatti, la decisione ha avuto delle ripercussioni da parte di diverse personalità negli ambienti artisti australiani che hanno reagito a questa controversa decisione. La responsabile del dipartimento di arti visive di Creative Australia Mikala Tai e la responsabile del programma Tahmina Maskinyar, hanno presentato le dimissioni all’amministratore delegato Adrian Collette a sostegno dell’artista e di Dagostino.
Simon Mordant, importante filantropo australiano nel settore artistico ha rassegnato le dimissioni per il ruolo di ambasciatore per la Biennale (ritirando anche il suo sostegno finanziario), mentre la celebre artista australiana Lindy Lee si è dimessa dal consiglio di amministrazione di Creative Australia. La Milani Gallery di Brisbane, galleria che ha rappresentato l’artista per più di un decennio, ha chiesto il reintegro di Sabsabi, mentre la Western Sydney Arts Alliance ha preteso scuse formali e trasparenza da Creative Australia.
Anche sui social media non mancano le proteste: diversi artisti e professionisti del settore, in particolare sulla pagina Facebook di Creative Australia, hanno criticato la decisione dell’organizzazione definendola razzista e codarda


Un equilibrio fragile
La vicenda ha scatenato un acceso dibattito sul ruolo delle istituzioni culturali chiamate a bilanciare libertà espressiva e pressioni politiche o sociali. In un contesto globale in cui la censura e le limitazioni artistiche sollevano sempre più preoccupazioni, la questione va oltre il singolo caso e sollecita una riflessione più ampia sul futuro dell’arte come spazio di confronto e critica.
Con il mondo dell’arte in fermento e molti interrogativi ancora irrisolti, resta da vedere se Creative Australia farà marcia indietro rispetto alla decisione presa a seguito delle proteste. Ciò che è certo è che questa vicenda ha messo in luce la fragilità dell’equilibrio tra istituzioni culturali, libertà artistica e le dinamiche politiche che spesso le attraversano.