Con oltre 140 artisti partecipanti, la Biennale di Sharjah 2025, promossa dalla Sharjah Art Foundation, è curata da Alia Swastika, Amal Khalaf, Megan Tamati-Quennell, Natasha Ginwala e Zeynep Öz, che provengono da pratiche e background diversi e danno vita a una collezione narrativa raccontata da più prospettive, geografie, lingue e culture.



Dall’ambiguo e convincente titolo “to carry”, il tema esplorato quest’anno è rivolto alla comprensione dell’incertezza collettiva e individuale, esplorando storie intergenerazionali e modalità di eredità: ad essere esposte sono più di 650 opere d’arte, presentate in 17 sedi in tutta Sharjah, estendendosi oltre la città per includere siti ad Al Hamriyah, Al Dhaid e Kalba.

Con un forte focus sulla partecipazione collettiva, il programma multidisciplinare di Sharjah Biennal include installazioni, performance, musica, cinema e workshop, affrontando ricerche di attualità come l’ambiente, l’eredità coloniale, le migrazioni e la tecnologia, creando un dialogo globale attraverso una molteplicità variegata di linguaggi espressivi.

Faye Heavyshield, Raven Chacon, Emily Kame Kngwarreye, Cannupa Hanska Luger, Sky Hopinka e Daniel Boyd, Arthur Jafa, Cécile B. Evans, Driant Zeneli, Lorna Simpson, Mónica de Miranda, Richard Bell e Wael Shawky e le italiane Adelita Husni-Bey, Raffaela Naldi Rossano e Rossella Biscot sono solo alcuni degli artisti che trasformeranno gli spazi espositivi in luoghi di apprendimento e scambio culturale. Alcune opere riflettono esperienze di migranti o sacche di storia trascurate, altre riesaminano usanze e tradizioni secolari con un tocco di novità. Una piattaforma inoltre è dedicata ad artisti pionieristici provenienti dal sud del mondo e non mancano le narrazioni femminili attraverso storie e prospettive incentrata sulle donne.
to carry, un percorso collettivo e in continua espansione
Per portare una casa; per portare una storia; per portare una ferita; per portare le canzoni; sono solo alcune delle narrazioni in continua evoluzione che esplorano coraggiosamente lo stato attivo dell’essere e dello sviluppo. Come si legge sul comunicato della Sharjah Biennal, la manifestazione invita a «guardare insistentemente indietro, dentro e attraverso, invece di un “voltarsi dall’altra parte” in mezzo a maree di annientamento e tirannia. I 16 progetti curatoriali riflettono su cosa significhi portare il cambiamento e le sue possibilità tecnologiche, sociali, animistiche o rituali».
