C’è un territorio tangibile e intangibile all’interno dello Shed di Pirelli HangarBicocca. Tarek Atoui l’ha costruito appositamente, sviluppandolo su tre importanti progetti e abitandolo di strumenti acustici e musicali, accostati per la prima volta fra loro in dieci giorni esatti. Il risultato è un’opera esperienziale sensoriale che coinvolge e avvolge il visitatore. Posizionato frontalmente all’ingresso, disteso e selvatico nella sua natura grezza, un monolite di marmo appartenente al corpus Waters’ Witness (2020 – 23) introduce a ciò che di primo acchito sembra solo un percorso intricato di cavi, tubi e oggetti. È un marmo proveniente da Atene, su cui sedersi o accanto a cui accostarsi per ascoltare un segreto rivelato: una vibrazione sonora che indaga il tema dell’acqua attraverso elementi materici.

Assieme al musicista e compositore Eric La Casa, Waters’ Witness è il risultato di un’indagine svolta sui porti, intesi come non-luoghi in cui si sviluppano infinite storie da raccontare. Nelle aree portuali di Atene, Abu Dhabi, Beirut, Instanbul, Porto, Sydney e Singapore, sono stati posizionati microfoni ambientali e subacquei, dando voce a posti di confine che in realtà sono cuore pulsante di commerci e scambi e dicono tantissime cose sull’identità della città su cui sorgono. Ogni porto ha infinite storie da raccontare così come i marmi ateniesi, oggi utili al restauro degli antichi templi, posizionati come casse di risonanza naturali.


La mostra Improvisation in 10 Days, prima personale dell’artista in Italia a cura di Lucia Aspesi, è un omaggio all’improvvisazione, anche se la sua realizzazione non è affatto lasciata al caso. Ogni azione porta a un suono finemente calibrato e l’intera composizione obbedisce a un preciso algoritmo che Atoui ha costruito ad hoc. Ciascuna frequenza è studiata con misura doviziosa. Eppure, il risultato percettivo è magico, è puro Jazz. Tarek Atoui ha posto il tema della imprevedibilità, l’interazione fra ambiente e pubblico come elemento cardine. A seconda di determinati momenti e circostanze, gli oggetti si attivano generando almeno tre opzioni possibili di correlazione. Non esiste uno schema predeterminato nella sequenza di emissioni sonore: la composizione, come spiega l’artista, è affidata a un ciclo in continua trasformazione, in rapporto con gli strumenti in continuo mutamento. Suoni gravi e acuti si mischiano a percussioni e rintocchi, generando vibrazioni che riverberano attraverso gli strumenti e le persone in visita.



Cresciuto tra il Libano e la Francia, Tarek Atoui si forma al Conservatoire à Rayonnement Regional di Reims, dove studia musica contemporanea ed elettronica. Fin dai primi anni di ricerca approfondisce la relazione tra il suono e il corpo, rendendo lo spettatore parte integrante del processo creativo. Per lui, la musica è una sovrapposizione di linguaggi e storie diverse, esplorati per mezzo di sollecitazioni meccaniche, superfici, esperienza e conoscenza.
«Tutte le opere non nascono puramente da un paradigma visivo, ma costituiscono in primo luogo un dialogo molto stretto e serrato con tutto ciò che è la dimensione acustica. Ogni elemento è disposto affinché possa offrire il massimo della propria risonanza nel contesto in cui è esposto». Dalle parole della curatrice Lucia Aspesi si comprende la complessità magistrale dell’azione performante, per un risultato performativo ogni volta unico e irripetibile nella sua casualità. La scelta di lasciare le vetrate dello spazio espositivo libere permette anche alla luce di giocare la sua parte sull’intera realizzazione, offrendo suggestioni sempre diverse, a seconda del tempo.

Ogni cosa si interseca con l’altra in un ritmo che accompagna il passo del visitatore. Improvisation in 10 days incanta per delicatezza e sensibilità. Incuriosisce per gradi, acuendo l’attenzione che dalle orecchie si sposta al corpo. In particolare, Within (2013 – in corso) è un progetto ideato e condotto da Tarek Atoui in una comunità di non udenti che interroga sull’atto dell’ascolto e reinterpreta il tono musicale come un linguaggio di apprendimento. Di questa serie, in mostra è presente l’insieme Souffle Continu, composto da Organ Within(2022), una struttura che re-inventa l’organo tradizionale e il cui suono sembra ricordare, fra le tante suggestioni, la voce delle città, e Wind Houses #1 e #2 (2023 – 24), due stanze isolate, composte da legno e vetro, che per mezzo di un flusso d’aria compresso e modellato permettono ai fruitori all’interno di essere totalmente attraversati da vibrazioni sonore esperienziali.


Emergono dalle varie voci degli oggetti, percussioni ed echi dovuti alla caduta di gocce. The Rain (2023 – in corso) ricerca in molteplici materiali come legno, corde metalliche, bronzo, carta e ceramiche i quattro elementi naturali, terra, acqua, fuoco e vento, rendendoli protagonisti della performance. Quest’ultimo corpus, fra le opere più inedite dell’artista, si ispira alle tecniche tradizionali coreane per la creazione di strumenti a percussione.
L’esperienza di visita è immersiva e contemplativa. Ridona equilibrio e, in qualche modo, restituisce la sensazione che siamo davvero vivi in mezzo a un mondo vivo, in cui ogni cosa, persino la più inanimata per definizione come una roccia, possa desiderare una leggerezza d’essere, resa tangibile attraverso una propria voce.




La mostra sarà accompagnata da una monografia, pubblicata da Marsilio Editori, in collaborazione con Kunsthaus Bregenz, S.M.A.K. Ghent, Institut d’art contemporain – Villeurbanne/Rhône-Alpes.
Tarek Atoui, Improvisation in 10 Days
a cura di Lucia Aspesi
fino al 20 luglio
Pirelli HangarBicocca – Milano