Palazzo Boncompagni, dimora di papa Gregorio XIII – all’anagrafe Ugo Boncompagni – e gioiello architettonico di Bologna, propone un’esposizione che esalta la poetica e le ricerche di Alfredo Pirri, artista fra i più apprezzati nel panorama internazionale per la sua capacità di intrecciare arte, architettura, luce e spazio. Le sue opere sono presenti in importanti collezioni pubbliche e private, e il suo approccio innovativo ha influenzato profondamente il modo in cui l’arte interagisce con gli spazi architettonici e sociali.




A cura di Lorenzo Balbi e Sara Evangelisti, la mostra rientra nell’ambito di ART CITY Bologna 2025 in occasione di ARTEFIERA: la rassegna presenta circa 40 opere, antologiche e site-specific, che riflettono nello spazio gli elementi centrali della sua arte, tra luce, forme e tempo. Il percorso espositivo si snoda tra la Sala del Papa, il loggiato e le stanze laterali, includendo tre nuovi ambienti recentemente recuperati per l’uso espositivo: le opere non si limitano solamente ad occupare lo spazio, ma lo trasformano, moltiplicano, riflettono.



Come dichiarato dalla curatrice, «la mutazione della luce integrata nello spazio, come questo interagisca con il tempo nella sua dimensione più concreta, il trascorrere della vita», sono alla base delle sue esplorazione espressive. Ad aprire l’itinerario, la sorprendente installazione Passi, realizzata più volte dall’artista in modo sempre differente in relazione al luogo. L’installazione, in questo caso, riprende vita nella sala papale dello storico Palazzo, con i suoi affreschi: oil pavimento di specchi frantumati, realizzato con una performance di cui è stata protagonista, con l’artista, la proprietaria della dimora, Paola Pizzighini Benelli, riflette le grottesche e i dipinti del soffitto.




Nelle sale del pianoterra, dove un tempo stavano gli archivi dell’antico palazzo, Alfredo Pirri ha messo il suo archivio personale: una serie di carte e faldoni preparano il visitatore al progetto finale, un modellino a forma di dodecaedro, per un futuro monumento che raccoglierà la sua eredità artistica. “RWD-FWD”, che nel titolo ripropone il rewind/forward delle vecchie registrazioni su nastro, è un autoritratto in divenire che raccoglie i progetti passati e ragiona su un lascito futuro. L’esperienza complessiva della mostra, non si esaurisce nella contemplazione ma chiede al visitatore di perdersi e ritrovarsi negli infiniti giochi di luce.