Per Trump nei musei non c’è posto per l’inclusione

Stop alle iniziative dedicate ai temi di diversità, equità e inclusione. Dopo la National Gallery segue lo Smithsonian

Negli scorsi giorni la National Gallery of Art di Washington, conformandosi a uno dei diversi ordini esecutivi firmati dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump subito dopo l’insediamento, ha comunicato che porrà fine alle iniziative dedicate ai temi di diversità, equità e inclusione (DEI). L’esecutivo definisce questo tipo di iniziative finanziate a livello federale “illegali e immorali” e ne dispone la cancellazione: ciò ha avuto delle ripercussioni per il museo come la chiusura dell’ufficio dedicato a tali tematiche e la riassegnazione dei membri del personale ai posti vacanti all’interno del museo. Donald Trump negli anni del suo primo mandato aveva già attuato questo genere di repressione tentano di ridurre significativamente, o cancellare del tutto, i finanziamenti per le agenzie impegnate nel settore cultura.

Politica e scelte culturali

La National Gallery of Art di Washington aveva investito molto nei programmi DEI, come un piano di rebranding da 820mila dollari verso la diversità e l’inclusione che ha portato l’assunzione della prima curatrice di arte afroamericana Kanitra Fletcher e un’implementazione di mostre dedicate ad artiste e artisti rappresentativi delle minoranze.

Queste iniziative non sono solo state rimosse dalla programmazione: dal sito web della NGA ne è stato rimosso ogni rifermento e sono state sostituite da un generico impegno verso “accoglienza e accessibilità”. La connessione tra politica e le scelte culturali della National Gallery è stata resa evidente dalla presenza al gala della NGA del vicepresidente JD Vance.

L’annuncio dello Smithsonian

Nel momento in cui questa decisione è stata presa dalla National Gallery of Art di Washington non sono mancate le preoccupazioni su futuro negli Stati Uniti delle istituzioni culturali: ci sono molte organizzazioni culturali in stretta dipendenza dai fondi federali e rischiano di essere costrette a prendere la stessa decisione.

Nelle scorse giornate si stava attendo difatti la reazione dello Smithsonian Institution, che oggi ha annunciato la medesima scelta di chiusura del suo ufficio per la diversità, l’equità e l’inclusione. Il segretario dello Smithsonian Lonnie G. Bunch III lo ha confermato in un’e-mail interna dimostra un cambio di direzione significativo da parte una delle istituzioni museali più grandi e influenti al mondo. La notizia assume particolare rilevanza poiché lo Smithsonian gode di uno status unico che lo differenzia dalle altre istituzioni finanziate dal governo federale: si tratta infatti di un ente fiduciario con autonomia organizzativa e finanziaria.

Questo significa che quasi la metà dei suoi finanziamenti proviene da privati, sovvenzioni e altre attività indipendenti, mentre i fondi federali corrispondono al 53%, offrendo allo Smithsonian un margine di manovra maggiore rispetto alla NGA. Questo significa che, anche se costretta a conformarsi agli aspetti dell’ordine esecutivo legati ai fondi federali e al personale governativo, avrebbe potuto sostenere le iniziative DEI grazie a fonti fiduciari.

Dubbi per il futuro

La notizia dello scioglimento degli uffici DEI dello Smithsonian e della National Gallery cambia profondamente la visione che i due musei hanno avuto in passato. Negli anni scorsi si era cercato di ampliare l’impegno verso l’equità e l’accessibilità, mentre questo mandato federale li costringe a un cambio di rotta. Si vedrà solo in futuro se si proverà ad attuare strategie alternative per continuare con queste iniziative senza il sostegno federale.