Dominique White alla Collezione Maramotti: l’installazione “Deadweight” e l’orizzonte di nuovi immaginari

L'orizzonte africano di Dominque White approda in mostra alla Collezione Maramotti nell'ambito del premio Max Mara

Dominique White, artista vincitrice della nona edizione del Max Mara Art Prize for Women, approda alla Collezione Maramotti con Deadweight, una mostra composta da opere realizzate nel 2024. Dopo il debutto alla Whitechapel Gallery di Londra (2 luglio – 15 settembre 2024), l’artista ha reinterpretato il progetto espositivo adattandolo agli spazi italiani della Collezione.

Dominique White tra afrofuturismo e idrarchia

Deadweight si configura come un’indagine evocativa sul concetto di trasformazione e ribellione. Le quattro grandi sculture esposte incarnano la visione di White, radicata nella creazione di un universo che riflette e rielabora il significato di “Blackness”, connesso alla potenza simbolica e rigenerativa del mare. Il titolo, mutuato dal termine nautico “deadweight tonnage” (portata lorda), diventa un simbolo di rottura: mentre in ambito marittimo indica la capacità di una nave di mantenersi stabile, White sovverte il concetto, trasformandolo in un manifesto di emancipazione attraverso il caos.

Le opere, imponenti strutture metalliche che richiamano ancore, scafi, carcasse o scheletri di mammiferi, combinano materiali recuperati – metalli ossidati, legni spiaggiati, fibre naturali come sisal e rafia – per evocare una dualità di forza e fragilità. Questi oggetti, immersi nel Mediterraneo durante il processo creativo, portano i segni fisici di un’interazione poetica con l’acqua: ruggine, corrosione e frammentazione sono tracce visibili del loro viaggio. Il lavoro di White intreccia concetti chiave come afrofuturismo, afro-pessimismo e idrarchia, proponendo una visione che sfida le narrazioni utopiche tradizionali. Le sue sculture, evocative di fari o baluardi marini, immaginano un futuro in cui la cultura afro si emancipa dalla dominazione capitalistica e coloniale, trovando nuove forme di esistenza in un dominio oceanico fluido e ribelle.

Alla Collezione Maramotti con il premio Max Mara

La creazione di Deadweight è il frutto di una residenza di sei mesi in Italia organizzata dalla Collezione Maramotti nell’ambito del premio Max Mara. Durante questo periodo, l’artista ha viaggiato tra città come Agnone, Palermo, Genova, Milano e Todi, collaborando con esperti di storia navale, artigiani e studiosi della tratta mediterranea degli schiavi. Ha esplorato tecniche di lavorazione dei metalli, antiche e contemporanee, in botteghe e fonderie storiche, arricchendo il proprio linguaggio artistico con nuove conoscenze. Un documentario, disponibile online, racconta l’esperienza della residenza. La mostra è accompagnata da un catalogo che include contributi di Alexis Pauline Gumb, Olamiju Fajemisin, una conversazione tra l’artista e Bina von Stauffenberg, e tre poesie di June Jordan.

Il Max Mara Art Prize for Women, istituito nel 2005 in collaborazione con Whitechapel Gallery e Collezione Maramotti (dal 2007), è un premio unico nel suo genere. Dedicato ad artiste emergenti che si identificano come donne e operano nel Regno Unito, mira a offrire risorse, visibilità e tempo per realizzare progetti ambiziosi. Tra le vincitrici delle edizioni precedenti si annoverano Emma Talbot, Helen Cammock, Emma Hart e Laure Prouvost. La nona edizione ha visto la partecipazione di una giuria presieduta da Bina von Stauffenberg, affiancata da Rózsa Farkas, Claudette Johnson, Derica Shields, Maria Sukkar e Gilane Tawadros, direttrice della Whitechapel Gallery.

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