Lo studio d’artista come ricerca di benessere: apre a Roma Studio Kāma

Nel quartiere Pigneto, Cornacchini, Di Pietrantonio, Angeletti e Andreozzi sono i protagonisti di una nuova realtà romana, spazio di coworking e studio d’artista

«Quanto lo studio, per un artista, può diventare l’oggetto del desiderio assoluto? Quanto, quello spazio, si trasforma nella metafora di un benessere psico-fisico tangibile?» Sono queste le domande che hanno portato Francesca Cornacchini, Federica Di Pietrantonio, Sveva Angeletti e Francesco Andreozzi a ripensare lo studio d’artista e idearne uno proprio. Apre a Roma Studio Kāma, artist studio e spazio di coworking situato nel quartiere Pigneto, che ha aperto lo scorso 6 dicembre. Lo spazio ospita quattro studi degli artisti e altrettante postazioni attualmente dedicate al settore audiovisivo, collocate in un grande ambiente ricavato da una dismessa fabbrica di occhiali.

Lo spazio mantiene l’originale impostazione industriale, dai grandi pilastri alle luci a LED sul soffitto, in cui però abitano tecniche e immagini che spaziano tra realtà virtuale, pittura, scultura e computer grafica. Il nome incarna la necessità degli artisti: quella di trovare benessere, equilibrio, un’«oasi ideale» in cui il desiderio di un luogo abbraccia la pratica artista. Kāmadeva, il dio induista dell’amore, si fonda sul kāma, il secondo obiettivo nella realizzazione del sé: un nome che quindi rappresenta un desiderio, un’ambizione per gli artisti e per l’atmosfera da ricercare nello spazio di lavoro. La riflessione che ha portato alla fondazione dello spazio prevede collaborazioni creative e di ricerca, come quella attivata da novembre con Oliviero Mainas, designer e art director, uno dei primi ospiti del coworking. Mainas ha lavorato con gli artisti per strutturare l’identità visiva dello spazio, creando il font e il logo di Studio Kāma, typeface che ha voluto unire la storia industriale dello spazio con la sua nuova veste di studio d’artista.

Cornacchini, Di Pietrantonio, Angeletti e Andreozzi appartengono ad una stessa generazione di artisti che fa propria la necessità di uno spazio indipendente e autogestito, in cui ospitare e fare ricerca: i quattro artisti provengono da una passata esperienza comune, Spazio in Situ, un altro artist studios romano. I quattro angoli dello spazio hanno forti identità autonome: la pittura a olio di Francesco Andreozzi si affaccia sulla cascata di palloncini che compongono Tutte le cose che non ti ho detto di Sveva Angeletti, che occupa un angolo dello spazio; gli schermi, i disegni e i progetti per la ricerca sull’esperienza virtuale di Federica Di Pietrantonio dialogano con i resti del passaggio del fumogeno di Francesca Cornacchini su tela. Gli artist-run spaces, divenuti parte del tessuto urbano e artistico soprattutto della capitale, superano il culto dello studio d’artista di stampo romantico, diventano luoghi di sperimentazione e di ricerca fondata anche sulla relazione, dove costruirsi uno spazio, «resistendo alle pareti scivolose dell’arte contemporanea».

Dallo spazio autonomo gli artisti si rivolgono poi all’esterno: nello studio si possono, infatti, osservare tracce degli interventi degli artisti più recenti, come le orme blu lasciate su una parete dello studio di Cornacchini, a due settimane dalla chiusura di Roma Arte in Nuvola 2024, dove l’artista nella performance Blue Horizon ha lasciato le sue orme blu sulle pareti di un cubo bianco; o la stessa Tutte le cose che non ti ho detto, uno dei progetti speciali presenti in Roma Arte in Nuvola 2023. Le quattro identità dialogano fra loro nello spazio mosse dallo stesso desiderio, come loro stessi affermano, di un «luogo di benessere, quattro mura dove poter delineare le proprie idee in uno spazio confortevole e stimolante». 

credit Oliviero Mainas

Studio Kāma
Artist studios + coworking
Via Muzio Attendolo, 79 b, Roma