A Gaza c’è la guerra, ma si vuole fare una Biennale. La manifestazione era stata annunciata il 20 novembre con la sponsorizzazione dell’Al Risan Art Museum della Cisgiordania, che ha lanciato un fundraising di 90.000 dollari per gli oltre 50 artisti palestinesi che parteciperanno. L’intento è infatti quello di dare vita a partnership, che abbiano un carattere istituzionale o che si tratti di donazioni, in modo tale da organizzare la Biennale di Gaza nelle gallerie e nei musei di tutto il mondo. Per gli organizzatori, l’evento – ancora in work-in-progress – rappresenta prima di tutto un appello agli operatori artistici degli altri paesi perché esprimano solidarietà nei confronti della Palestina.
Una Biennale di Gaza come forma di resistenza
Come riporta The Art Newspaper, «la Biennale di Gaza riveste un significato straordinario, in quanto rappresenta una piattaforma per gli artisti palestinesi che vogliono esprimere le loro lotte e speranze attraverso l’arte». Queste le parole dell’artista Motaz Naim a proposito della manifestazione. «I ripetuti spostamenti e la preoccupazione di provvedere ai bisogni primari della mia famiglia hanno avuto un impatto diretto sulla mia produzione creativa», ha invece affermato l’artista Ali Tayeh. In uno scenario che vede la produzione creativa minata dalla guerra, gli artisti palestinesi parteciperanno alla Biennale di Gaza con materiali di recupero, tenendo fermo l’intento principale della manifestazione: come sostiene l’artista Maysa Yousef, «per gli artisti palestinesi, la creatività è sia un atto di resistenza che un mezzo di sopravvivenza».
«L’arte è diventata un mezzo per documentare la sofferenza e la resilienza, basandosi su materiali semplici che riflettono la realtà, come tessuti riutilizzati o resti di oggetti di uso quotidiano», ha aggiunto Tayeh. Nel corso della guerra sono stati infatti demoliti a causa dei bombardamenti oltre duecento tra istituzioni e siti culturali. In questo quadro, parlare di arte e fare arte rappresenta un atto di resistenza, oltre che un modo per rivendicare e preservare la cultura palestinese. Come ha spiegato Yousef, «continuare a creare arte ci dà la forza di affrontare la tragedia e afferma la nostra capacità di trasformare il dolore in bellezza, portando un profondo messaggio umanitario».
Un Manifesto che scuote il mondo dell’arte
Sostenere la Biennale di Gaza implica schierarsi. È questo, d’altra parte, ciò che il Manifesto dell’iniziativa recita, accompagnando il crowdfunding lanciato e promosso all’Al Risan Art Museum. “La Biennale di Gaza ha l’obiettivo di mettere la lotta di un popolo al centro dell’impegno artistico – si legge – è un intervento nel mondo dell’arte che rompe con le procedure espositive standard a causa dell’urgenza e dell’eccezionalità della situazione. Siamo nella fase di produzione, e il nostro prossimo obiettivo sarà trovare istituzioni partner che ospitino e producano le nostre mostre. Questo è un appello alle istituzioni artistiche di tutto il mondo. La dimensione più glamour del mondo dell’arte è in grado di gestire la realtà di Gaza?”. Sta alle realtà culturali rispondere.