Il 9 ottobre la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea ha ospitato la conferenza stampa della mostra 1950-1970. La grande arte italiana, in vista dell’inaugurazione a Torino il 19 ottobre. Presenti la direttrice Cristina Mazzantini, curatrice del progetto assieme allo storico dell’arte Luca Massimo Barbero, la presidente di Arthemisia Iole Siena – in prima linea nell’organizzazione della mostra, il presidente della Commissione Cultura Federico Mollicone e Mario Turetta, capo Dipartimento per le Attività Culturali del MiC e direttore delegato dei Musei Reali di Torino.
Per la prima volta infatti, 79 opere provenienti dalla preziosa collezione della GNAM dialogheranno con un ambiente estraneo: le Sale Chiablese dei Musei torinesi. Gli spazi del Palazzo piemontese, ospiteranno un’esposizione «unica, rara e d’eccellenza – come l’ha definita Iole Siena. Il racconto espositivo che ne scaturisce è quello di un periodo storico-artistico «attualmente insuperabile per la storia dell’arte italiana, di personalità che sono state punti di riferimento per il mondo e che ancora oggi costituiscono un meraviglioso esempio».
Tela smaltata tensionata su struttura lignea con camere d’aria, 165x165x30 cm
Un progetto che è anche e sopratutto «un omaggio a Palma Bucarelli, donna straordinaria che nel 1953 porta per la prima volta in Italia i cubisti e che nel 1959 continua ad osare e provocare, con i Sacchi di Burri» – afferma Federico Mollicone. Prima direttrice di un museo pubblico nel nostro paese, grazie a coraggio, visionarietà di vedute e immediato intuito, la soprintendente ha avuto il merito di aver aperto Roma e l’Italia ad un contemporaneo di cui si aveva ingiustificato timore, spesso affrontando le critiche più dure ma senza mai cedere ad idee innovatrici e audaci.
Senza titolo, 1962 Décollage, 64×54,5 cm © Rotella Mimmo, by SIAE 2024
«Il museo non deve essere un contenitore di quadri e oggetti ma un punto d’incontro culturale, un luogo dove si può imparare»- amava dire. Un’idea di luogo allargato, che ha sempre puntato al coinvolgimento del pubblico, e in cui vi sia concreta, la possibilità di ammirare opere d’arte realmente rappresentative del loro tempo: suggerimenti fatti tesoro dalla nuova direzione GNAM, che continua l’intrepida avventura della “Palmina degli stracci“, come la rivoluzionaria Bucarelli era stata soprannominata dopo aver esposto il Grande Sacco.
«Il patrimonio dei musei è il patrimonio della nazione – esordisce la direttrice Mazzantini – e la Galleria Nazionale ha una storia bellissima: nata dopo l’Unità di Italia, riunisce le collezioni provenienti da tutto il paese, con lo scopo di raccontare la storia identitari dell’arte e della società. Un ruolo fondamentale è stato svolto da Palma Bucarelli – continua – a cui si deve il cuore della nostra collezione». Cardine della rassegna piemontese, è infatti lo straordinario nucleo artistico delle opere del museo romano, che lo rendono esemplare anche all’estero: Pino Pascali, Lucio Fontana, Giuseppe Capogrossi, Mimmo Rotella, Ettore Colla, Michelangelo Pistoletto, Toti Scialoja, Gastone Novelli, Mario Schifano, Afro Basaldella, Beatrice Lazzari, Dorazio Pietro, Alberto Burri, Giosetta Fioroni, Sergio Lombardo, Carla Accardi, Giulio Turcato, Piero Manzoni, Franco Angeli.
Opere che Luca Massimo Barbero, definisce come «veri e propri capolavori, sintomatiche per l’arte italiana del secondo dopoguerra, racconto del meraviglioso viaggio di Palma Bucarelli» Significativi soprattutto i dialoghi e le connessioni fra gli artisti, intento del percorso espositivo dell’allestimento: «Ettore Colla segna l’arte plastica italiana ed è posto frontalmente ad un’opera di Pino Pascali: apriamo una ricerca informale e chiudiamo con uno degli artisti che rappresenta la GNAM e ha un forte legame con Torino. Il confronto fra Burri e Fontana, riprende poi l’allestimento che nel 1968 proprio la Bucarelli ha fatto».
La Galleria Nazionale si muove pioneristica a Torino, in un momento in cui il capoluogo sabaudo si apre al contemporaneo – da Artissima a Luci d’artista: lo fa coraggiosamente e senza indugio, per parlare soprattutto, alle nuove generazioni. E se, come affermava Burri, «la pittura è libertà raggiunta, costantemente consolidata, difesa con prudenza così da trarne la forza per dipingere di più», l’esposizione presentata è un importante passo verso questa ambita libertà, nei confronti di un’arte troppo spesso sminuita e incompresa, in realtà preziosa chiave per la comprensione di ciò che siamo e ciò che un giorno diventeremo.