Se ne parla come “la Monna Lisa del Nord”, ed è riprodotta ovunque. Del capolavoro di Johannes Vermeer, la Ragazza con l’orecchino di perla (1665), gli studiosi si sono per anni chiesti cosa lo rendesse così attraente. Ora, uno studio neurologica indipendente ha dimostrato che la costruzione del dipinto e e i punti chiave della luce intrappolano l’occhio in un “ciclo di attenzione sostenuto”.

Secondo lo studio, realizzato con la tecnologia di eye-tracking, l’elettroencefalogramma (EEG) e le scansioni MRI su 20 volontari, nell’osservare il dipinto gli spettatori guardano prima l’occhio, poi la bocca, poi l’orecchino di perla. A studiare questo vero e proprio “triangolo perlato” sono stati ricercatori dell’agenzia di neuromarketing Neurensics e altri scienziati, che hanno anche scoperto come di fronte al dipinto di Vermeer e ad altre quattro opere del museo Mauritshuis dell’Aia il cervello del visitatore rispondesse in modo dieci volte più positivo rispetto alle riproduzioni.
«Il Mauritshuis si è rivolto a noi ponendoci la domanda su come il cervello risponde all’arte e cosa rende la Ragazza con la perla così insolita», ha dichiarato Martin de Munnik, co-fondatore di Neurensics, alla conferenza stampa. «I risultati sono stati straordinari». Lo studio ha infatti messo in luce che le opere d’arte in un museo generano una risposta intensa nel precuneo, la parte del cervello coinvolta nella coscienza, nell’auto-riflessione e nei ricordi.

«Con l’EEG, si vede che l’effetto positivo del lavoro reale è molto più grande rispetto alla visione dei poster, anche se sono stati visti anche nel museo», ha aggiunto de Munnik. «C’era un segnale di “avvicinamento” dieci volte maggiore rispetto ai poster».