Digitalive, Francesco Giomi con “Foosball” alla rassegna digitale del Romaeuropa Festival

In un'intervista Francesco Giomi illustra il proprio lavoro per la sezione Digitalive del festival romano e le caratteristiche della sound art

In programma dall’11 al 13 ottobre al Mattatoio, Digitalive è la rassegna del Romaeuropa festival a cura di Federica Patti, che incrocia percorsi musicali, coreografici e virtuali. Tra gli ospiti di quest’edizione: la producer nativa di Shanghai 33EMYBW (già acclamata da Aphex Twin per le sue sorprendenti sperimentazioni sonore), la DJ italo cinese Luwei, il duo di artisti digitali dmstfctn (nell’ambito della rinnovata partnership con RE:Humanism) e ancora la cantautrice berlinese Petra Hermanova (per un evento presentato in corealizzazione con Klang), il duo di musiciste formato da Yiila ed Eva Geist -su invito dell’Istituto Cervantes, il compositore e sound-designer Nicola Ratti – in collaborazione con Robot Festival- con il suo nuovo album in anteprima (11 ottobre), la musicista Petra Hermanova con un live presentato con KLAN. Insieme alle installazioni degli studenti di RUFA e Accademia di Belle Arti di Roma, è parte della rassegna anche il programma di incontri di ADV Arti Digitali dal Vivo, gruppo trasversale e transdisciplinare nato dalla proposta di Anna Monteverdi e Antonio Pizzo di affrontare collettivamente questioni storiche e teoriche emerse dalla mediatizzazione degli eventi dal vivo, in ambito performativo e teatrale.

Francesco Giomi ci racconta Digitalive, Foosball, il lavoro presentato per la sezione Digitalive del festival romano e le caratteristiche della sound art

Per iniziare, vorrei porle una domanda che ci aiuterà a inquadrare meglio il tema centrale: potrebbe spiegare brevemente come si svilupperà questa azione sonora e, allo stesso tempo, offrirci una sua definizione di “azione sonora”?
L’azione sonora è un concetto mutuato da Luciano Berio che implica una performance dal vivo guidata dal suono, che diventa il fulcro della narrazione. A differenza della tradizionale “azione musicale”, il focus si sposta dalla musica al suono in generale, che ha il potere di generare un percorso teatrale. Nel caso specifico di “Foosball,” l’idea si lega profondamente al tema del gioco, evocando una serie di vissuti importanti, significativi ed emozionali legati all’oggetto del calcetto, che viene trasformato in uno strumento sonoro. In questo modo, l’esperienza ludica si intreccia con quella performativa, creando un connubio tra il gioco e l’azione artistica. Il calcetto quindi diventa un generatore di azione sonora che reagisce in tempo reale alle azioni dei giocatori. 

Lo strumento ovvero il calcetto o calcio balilla, è amplificato utilizzando microfoni a contatto e microfoni tradizionali che catturano il suono. Allo stesso tempo, questo suono viene esteso ed elaborato attraverso altoparlanti, creando un ambiente sonoro che va oltre il semplice suono del gioco stesso. In pratica, il calcetto diventa una fonte sonora trasformata ed espansa, a cui vengono aggiunti ulteriori elementi sonori.

Un esempio significativo di questa esperienza è il momento in cui si fa goal: il suono viene amplificato e reso più enfatico. Tuttavia, riconoscere il goal in tempo reale è un processo complesso, poiché implica la necessità di rilevare accuratamente il gesto. Questo può variare notevolmente, poiché la pallina può entrare in porta con diverse velocità e angolazioni. Diverse tecnologie vengono quindi impiegate per rilevare il momento del goal e attivare la riproduzione di un suono specifico. Anche altri suoni, come il movimento delle stecche o la pallina che rotola, vengono catturati e integrati nell’esperienza sonora complessiva. Inoltre, sono stati aggiunti dei pulsanti sui calcetti che consentono di registrare la vittoria: quando un giocatore vince, premendo il pulsante, si attivano degli squilli di tromba che segnalano la vittoria anche agli altri presenti.

Come viene gestita l’interazione tra i giocatori e l’installazione durante l’esperienza di ‘Foosball’, e quale ruolo ha la partitura nel creare un equilibrio tra gioco spontaneo e performance strutturata?
Sono predisposti al pubblico tre calcetti disposti in linea, ciascuno con altoparlanti intorno che permettono lo svolgimento simultaneo di tre partite, ciascuna con i propri suoni specifici e “modificati”.

Il calcetto centrale, però, ha un ruolo speciale: l’installazione funziona come una normale sala giochi, con una moderatrice che gestisce il flusso dei giocatori. Tuttavia, a intervalli regolari, tutti i calcetti vengono liberati e solo quello centrale viene utilizzato da giocatori agonisti. In quei momenti, il suono e la luce si concentrano su questo calcetto, creando un’atmosfera teatrale. Gli agonisti producono suoni unici e intensi, offrendo un’esperienza completamente diversa rispetto al gioco normale. Questa interazione è regolata da una partitura temporizzata, organizzata in blocchi di tre ore. All’inizio, ad esempio, i primi dieci minuti vedono l’installazione in silenzio, con le luci spente e solo una narrazione sonora che racconta la storia del calcetto. Durante le ore successive, ci sono momenti di gioco libero alternati a quelli agonistici. La partitura non è complessa, ma divide il tempo in modo preciso, pur lasciando spazio all’aleatorietà delle azioni dei giocatori.

L’esperienza combina la struttura della partitura con la casualità del gioco, coinvolgendo chiunque voglia partecipare, da bambini a genitori, fino agli agonisti del calcetto, che non sono musicisti ma contribuiscono comunque a creare questa esperienza sonora. L’unico ruolo “musicale” nell’installazione è rappresentato dagli organizzatori, che hanno progettato l’intero sistema per offrire un’esperienza sonora unica e coinvolgente. La performance è accompagnata quindi da una partitura che scandisce i tempi e alterna momenti di gioco libero a momenti più strutturati, mantenendo però un alto grado di aleatorietà e spontaneità. Questa azione sonora si ispira alla volontà di unire il gioco e il suono in una forma di improvvisazione collettiva, riflettendo sul valore del suono come mezzo di connessione e condivisione.

Da dove deriva l’ispirazione per questa azione sonora?
L’idea centrale di questa installazione è quella di creare un momento di condivisione attraverso il gioco e il suono, un’esperienza giocosa e collettiva che permette alle persone di stare insieme in modo semplice e immediato. Questo concetto di “stare insieme” attraverso il suono è molto significativo e merita una profonda riflessione, poiché il suono diventa un mezzo per accogliere, dialogare e connettere. L’improvvisazione collettiva, di cui mi occupo, è un aspetto fondamentale di questo progetto, in cui i temi della spontaneità e del gioco sono centrali. Si tratta di elementi che hanno segnato la musica contemporanea, e questa installazione ne incarna pienamente lo spirito, offrendo un’esperienza che celebra l’interazione e la spontaneità come elementi fondamentali della creazione sonora.

In che modo quest’opera si inserisce nel percorso artistico che ha sviluppato finora? Considerando le sue radici nell’improvvisazione, mi riferisco in particolare alle esperienze più recenti, come il “Glitch Party” o “Fiesta”.
L’installazione “Foosball” si colloca nel mio percorso artistico come un punto di congiunzione tra improvvisazione elettroacustica e sound art, ambiti su cui ho lavorato negli ultimi 10-15 anni. Mentre l’improvvisazione elettroacustica è più legata alla performance di musicisti, “Foosball” si avvicina di più al concetto di sound art, esplorando una forma espressiva sul suono come elemento principale.

Negli ultimi anni, ho realizzato diverse installazioni, come “La Légende d’Eer ” di Xenakis e un’opera ispirata alla partitura di Giuseppe Chiari, “La Luce”, che unisce luci e suoni. Questo dimostra un progressivo interesse per progetti che richiedono un approccio collaborativo e multidisciplinare. Per me però è molto importante una creatività distribuita, preferendo lavorare in team per realizzare opere più complesse, sfruttando le potenzialità della sound art e le tecnologie attuali. In sintesi, “Foosball” rappresenta un’evoluzione naturale del mio percorso, ampliando ulteriormente la dimensione interattiva e collettiva del suono, concepita prima del Covid durante un ciclo di concerti a Bologna, dove il calcio balilla è stato reinterpretato come un momento di gioco e divertimento trasformato in performance artistica. Questo progetto ha avuto uno sviluppo nel 2021, nonostante l’interruzione causata dalla pandemia, ed è stato realizzato nel 2023 a Bologna al MAMbo, grazie al contributo del Peraspera Festival e di Tempo Reale, e successivamente riproposto a Firenze presso Cango, nello spazio di Virgilio Sieni.

Come funziona dal punto di vista tecnico?
L’installazione utilizza una serie di microfoni a contatto, sensori elettroacustici come piezoelettrici, sensori di movimento e pressione, oltre a sistemi digitali basati su Arduino, per catturare e interagire con i suoni prodotti durante la performance. Questi sensori inviano i dati a computer esterni, invisibili al pubblico, dove algoritmi appositi elaborano e trasformano i suoni in tempo reale. L’audio processato viene diffuso attraverso un impianto con sei punti sonori posizionati lungo i muri, creando un effetto immersivo. Gli spettatori si trovano così al centro, circondati dai suoni, dando la sensazione di essere all’interno di uno stadio o addirittura di diventare parte dei giocatori del calcetto, come se fossero uno degli omini rossi o blu del gioco.

Qual è il messaggio ultimo dell’installazione?
L’installazione non ha un messaggio esplicito, ma mira a sensibilizzare il pubblico sull’importanza e la bellezza del suono. L’obiettivo è mostrare come il suono, in tutte le sue forme, possa essere coinvolgente, interessante e persino potente. Spesso tendiamo a considerare il rumore come qualcosa di sgradevole o da eliminare, ma l’installazione invita a percepirlo anche sul piano estetico. Rumori naturali, come il suono di un fulmine o una cascata, possono essere estremamente affascinanti e ricchi di emozioni, proprio per la loro forza e dimensione. Allo stesso modo, i suoni più piccoli e sottili, come il sibilo di un apparecchio elettronico o il fruscio delle foglie, hanno un fascino particolare. L’installazione intende quindi valorizzare il suono in tutte le sue sfumature, spingendo a una maggiore consapevolezza e apprezzamento della dimensione sonora.

In che modo il concetto di “party” ha influenzato il suo approccio artistico e come si è evoluto attraverso i progetti come il “Glitch Party” e “Fiesta”?
Un elemento centrale del mio lavoro è il concetto di “party” come spazio di espressione libero e collettivo. Questo si manifesta in vari progetti, come il “Glitch Party,” nato durante il Covid attraverso un sistema di improvvisazione online, coinvolgendo oltre 60 musicisti da tutto il mondo. L’idea del glitch insiste sull’errore e il rifiuto, ma in un contesto di festa intesa come momento di condivisione e interazione. Da qui, ho sviluppato ulteriori progetti come lo “Scratch Party,» accompagnato da componenti visive, e “Fiesta,” una manifestazione più articolata e inclusiva.

La filosofia alla base di queste performance è la creazione di un’esperienza aperta, dove i partecipanti possono entrare e uscire liberamente, contribuendo in modo individuale o collettivo. Questa libertà di partecipazione è paragonata all’esperienza di una festa, in cui ognuno è accolto e libero di esprimersi, riflettendo un’idea di condivisione e coinvolgimento che si evolve continuamente e rende ogni evento unico.

Puoi andare un po’ più nel dettaglio rispetto a quest’ultima per mostrare quali elementi di collegamento troviamo rispetto all’installazione di Romaeuropa Festival?
“Fiesta” coinvolge un gran numero di musicisti, come ad esempio a Bologna, dove ne erano presenti una quindicina. Ogni musicista dispone di una propria postazione, mentre un moderatore guida e regola l’evento. La peculiarità di “Fiesta” sta nella libertà che viene concessa sia ai musicisti che al pubblico: i musicisti possono entrare e uscire a piacimento, generando così un flusso dinamico di interazioni e connessioni musicali. Questa flessibilità permette la creazione spontanea di duetti, trii, o ensemble più grandi, dove il moderatore può intervenire per stimolare nuove collaborazioni o per riportare ordine quando l’improvvisazione rischia di diventare caotica.

La partecipazione del pubblico segue la stessa logica: gli spettatori possono muoversi liberamente nello spazio, scegliendo di sedersi vicino a un musicista per ascoltare più da vicino, posizionarsi al centro per vivere l’esperienza immersiva o muoversi per creare una loro personale percezione dello spazio sonoro. Ogni suono è localizzato in uno spazio ampio, e muovendosi, il pubblico può percepire il cambiamento delle prospettive di ascolto, vivendo un’esperienza unica e coinvolgente.

Privilegiando l’estemporaneità e la spontaneità rispetto a partiture rigide e predeterminate, l’improvvisazione è considerata come un’opportunità per creare risultati sorprendenti e unici, impossibili da raggiungere attraverso composizioni scritte. Questa filosofia si riflette anche nell’uso di elementi come la radio analogica, che offre frammenti sonori imprevedibili da integrare nell’esperienza, mantenendo viva l’idea di imprevedibilità e immediatezza. In questo modo, “Fiesta” diventa un evento multisensoriale, in cui il suono, lo spazio e il movimento si fondono per creare un’esperienza partecipativa, dinamica e sempre diversa.

Nel 2018 Tempo Reale aveva già partecipato al Romaeuropa Festival con “Symphony Device”, un progetto molto diverso, incentrato maggiormente sull’uso dei dispositivi tecnologici e sulla loro integrazione nella performance. Questa nuova proposta rappresenta un’evoluzione rispetto a quell’esperienza? Mi piacerebbe comprendere come si è sviluppato questo percorso e in che modo si è passati da un approccio più legato alla tecnologia a quello dell’attuale progetto, che sembra invece focalizzarsi maggiormente sulla dimensione del gioco e dell’interazione sonora.
L’allestimento al MAXXI non valorizzò appieno l’opera, a causa della condivisione dello spazio con altre installazioni. Nonostante ciò, “Symphony Device” ha trovato successi notevoli in altri contesti come la Biennale di Venezia e altre città, rivelandosi come un’opera collettiva che esplorava l’idea di espandere e trasformare gli oggetti, creando una “sinfonia” di dispositivi connessi.

In confronto, l’attuale progetto, che sarà proposto quest’anno, ha un approccio più focalizzato e monocromatico, incentrato su un unico oggetto, come il calcetto, e su un’esperienza sonora più omogenea. La nuova installazione sarà presentata alla Pelanda, a Testaccio, un luogo considerato ideale e stimolante per questo tipo di performance. Spero tanto che l’opera possa coinvolgere il pubblico, invitandolo a partecipare, giocare, ascoltare e interagire con gli altri musicisti presenti. Romaeuropa Festival è considerato uno dei migliori festival multidisciplinari in Italia, insieme a pochi altri, e rappresenta per Tempo Reale un’importante occasione per condividere il proprio lavoro.

Qual è il ruolo e l’importanza di questo festival nella promozione e diffusione della sound art?
Il Romaeuropa Festival svolge un ruolo fondamentale nella promozione e diffusione della sound art in Italia. Negli ultimi anni, ha dedicato spazio a installazioni sonore, offrendo ogni anno una serie di opere molto interessanti. Questo approccio si è esteso anche alla musica, permettendo al festival di includere nella sua programmazione eventi musicali di ricerca, accostandoli a performance di danza e teatro. Questo è apprezzato dai musicisti, poiché la musica non viene relegata a un semplice ruolo di intrattenimento, ma considerata come parte integrante del percorso artistico.

In Italia, ci sono pochi festival che danno la stessa attenzione sistematica alla sound art come Romaeuropa Festival. Un altro esempio è il Festival Aperto di Reggio Emilia, che è considerato uno dei più importanti in Italia per la sua attenzione alla sound art e alla musica sperimentale. Tuttavia, Romaeuropa Festival rimane un punto di riferimento per la sua costanza nel promuovere e sostenere queste forme d’arte ogni anno.

Come si potrebbe definire la sound art?
La definizione di sound art è complessa e sfumata, con confini non facilmente delineabili rispetto alla musica sperimentale e contemporanea. Si potrebbe sintetizzare che sound art è più vicina all’arte visiva e museale, assumendo spesso una forma installativa o oggettuale, e non sempre segue un inizio e una fine. Tuttavia, alcune opere di sound art possono avere una struttura drammatica, come i lavori di Bill Viola, che hanno un ciclo con un inizio e una fine, mostrando così una certa transizione tra sound art e musica. Tuttavia nella sua forma più pura, essa tende a essere più oggettuale e visiva, quindi può sembrare più distante dal concetto tradizionale di musica. La drammaturgia sonora diventa il fulcro, non tanto la composizione musicale in senso stretto. Ciò solleva la questione se il sound artist debba necessariamente essere un musicista, o se possa provenire da altri ambiti artistici. 

Purtroppo questa risposta non è chiara, ma la sound art è un campo che attraversa diversi confini disciplinari: può essere realizzata da musicisti, ma anche da artisti provenienti da altri contesti, come pittori che si interessano al suono, come nel caso di Giuseppe Chiari. La varietà di percorsi che portano alla sound art riflette la ricchezza di questo campo, in cui l’espressione sonora può provenire da molteplici esperienze artistiche, creando così un’interessante continuità tra i mondi della musica e delle arti visive.

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