La personale di Marina Paris, Storie incompiute, a cura di Valentina Ciarallo da Gilda Lavia a Roma fino al 21 settembre 2024, trasfigura lo spazio della galleria che viene inglobato nelle installazioni fotografiche come loro parte integrante, creando un impatto immersivo. Tutta la galleria è dipinta di nero, donando una misteriosa oscurità al percorso espositivo.
La selezione di opere è dedicato alle opere incompiute dell’architetto Luigi Walter Moretti (1906-1973), sono scatti inediti mai esposti prima e sono stati realizzati nel 2019 all’interno dell’Archivio di Stato focalizzandosi sulle maquette dei progetti mai compiuti dell’architetto. Paris gioca quindi con i livelli di macro e micro, presentando delle gigantografie con cui il visitatore può relazionarsi, quasi entrando negli spazi rappresentati dall’immagine, intervallate da stampe più piccole.


Fondamentale è anche il lavoro di post produzione dello scatto che punta a mettere in risalto le linee, mentre il sottofondo musicale è tratto dalla registrazione e dalla trasformazione in suono delle onde sonore emesse dalla sonda spaziale che punta su Marte. Si allude in questo modo a qualcosa che esiste e che dona un ritmo cadenzato alla fruizione delle immagini ma che, allo stesso tempo, risulta distante e decifrabile solo attraverso tecnologie avanzate.
Ogni fotografia rappresenta un unicum essendo stata pensata una stampa in due singole edizioni di diverso formato, accostando la fotografia alla pittura.
Si parte con la prospettiva dall’alto della Piscina olimpionica, con le sue due ali, mentre viene offerto un altro scorcio con diverso punto di vista sulla parete di fronte. La grande parete di fondo della galleria viene occupata dalla gigantografia della maquette della Scuola di danza che sarebbe dovuta sorgere a San Saba, mentre le due foto laterali più contenute rappresentano delle porzioni del plastico di Villa De Angelis commissionata dall’imprenditore a Grottarossa.


Alcuni scatti si concentrano invece sui progetti architettonici che non sono rimasti su carta come quello per le Terme di Bonifacio di Fiuggi, complesso che risale agli Sessanta, caratterizzato da un tetto a tenda araba.
La seconda sala, meno spettacolare e più intimista, è articolata dalle fotografie delle maquette di alcuni dei progetti più ambiziosi. Moretti è stato, infatti, rivalutato solo negli ultimi anni sotto il profilo di professionista, essendo stato dichiaratamente fascista. Il MAXXI ha dedicato a questa figura una grande mostra 3 anni fa.

In particolare, risultò inedito il suo modo di articolare le architetture in un equilibrio armonico tra spazi e forme. Tra gli edifici scelti da Paris, la Casa delle Armi presso il Foro Italico all’Eur e la Palazzina Girasole a Viale Bruno Bozzi (che si raggiunge da Piazzale delle Arti girando verso Piazza Ungheria). Le facciate di questo secondo complesso residenziale sono concepite ispirandosi al girasole che gira la propria corolla verso sud, i prospetti laterali sono articolati in increspature oblique che fanno pensare a delle vele e ai loro squarci di luce e d’ombra.
La lastra del corpo principale è spaccata in due attraverso una profonda fenditura sempre per catturare la luce e distribuirla nei diversi pianerottoli.

Marina Paris Eur 02, 2024
courtesy l’Artista e Galleria Gilda Lavia

Marina Paris Spatium 04, 2024
Courtesy l’Artista e Galleria Gilda Lavia
Ancora, tra i marmi di Carrara dell’Eur, spiccano gli edifici gemelli che costituiscono le braccia prima dei due semicerchi dei palazzi progettati da Marcello Piacentini e di Piazza Guglielmo Marconi con l’obelisco, scolpito da Arturo Dazzi e dedicato al grande fisico italiano. Questa sequenza di edifici rappresenta la porta trionfale da Via del Mare per entrare nell’Urbe e viceversa l’uscita verso il porto romano di Ostia.
Le fotografie rievocano, nel loro gioco di incastri geometrici, le scenografie architettoniche dei quadri di Giotto. L’opposizione al tipico white-cube degli spazi espositivi; i raffinati chiaroscuri ma anche gli stacchi netti tra le zone di luce radente e lo sfondo, completamente nero; lo spaesamento che suscitano le fotografie di modellini, trattati come fossero architetture compiute (con l’obbiettivo che si insinua anche negli spazi interni) ma isolate dal tessuto urbano come fossero case di bambole in una camera oscura…tutto ciò contribuisce a rendere le immagini destabilizzanti, accostabili al regime freudiano del Das Unheimliche. L’effetto “matt” vellutato dello sfumato e dei punti fuori fuoco sia nel piccolo formato sia nelle gigantografie fa pensare a dei disegni a biacca e carboncino.
Galleria Gilda Lavia – Via dei Reti, 29/c Roma
Fino al 21 settembre
gildalavia.com