Nuove Avventure Sotterranee: viaggio nei cantieri di Ghella

La visione dietro il progetto esposto al MAXXI di Roma dedicato alle ciclopiche infrastrutture dell’azienda italiana. L’intervista con Matteo d’Aloja e Alessandro Dandini de Sylva

In occasione del 130esimo anniversario della sua fondazione, Ghella propone a Roma fino al 25 settembre, l’esposizione Nuove avventure sotterranee al MAXXI, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo. Questo progetto artistico, nato dalla collaborazione tra l’Azienda e il curatore Alessandro Dandini de Sylva e giunto alla sua seconda edizione, rappresenta un punto d’incontro tra innovazione ingegneristica e creatività artistica. Cinque fotografi di spicco – Stefano Graziani, Rachele Maistrello,
Domingo Milella, Luca Nostri e Giulia Parlato – hanno esplorato i cantieri di Ghella in tutto il mondo, reinterpretandoli attraverso la peculiare lente che caratterizza ciascuno dei loro approcci di ricerca. Il risultato è un percorso visivo che non solo documenta le infrastrutture sotterranee, ma ne esalta il valore estetico e simbolico.

«Raccontare noi stessi all’interno e all’esterno dell’azienda – spiega Matteo d’Aloja, Head of External Relations, Communications & Sustainability di Ghella – si traduce nella volontà di sottolineare l’importanza di definirci attraverso una narrazione diversa dallo standard». Le opere offrono uno sguardo unico e poetico su spazi solitamente nascosti, trasformando l’ordinario in straordinario. Questa
iniziativa non è solo un tributo alla lunga storia dell’azienda, ma anche un omaggio alla città di Roma, sede storica di Ghella. Attraverso l’arte, l’Azienda intende stimolare il pensiero laterale, promuovere nuove intuizioni e creare un dialogo con le comunità locali, sottolineando il suo impegno per la sostenibilità e il benessere sociale.

La mostra si accompagna a una pubblicazione in sei volumi che documenta in modo approfondito l’intero progetto, offrendo una narrazione ricca e articolata del rapporto tra arte e infrastruttura. Racconta il curatore Alessandro Dandini de Sylva: «Al primo obiettivo di creare una nuova prospettiva di narrazione visiva è seguito un ulteriore impegno: mappare una nuova generazione di artisti italiani che sperimentano e indagano il presente attraverso la fotografia».

Ghella celebra quest’anno il suo 130° anniversario. In che modo eventi culturali come “Nuove avventure sotterranee” si integrano nella vostra strategia di comunicazione aziendale e nel consolidamento di un brand così longevo?

Matteo d’Aloja: In questi 130 anni è stata considerata determinante la trasmissione degli stessi valori da padre in figlio, generazione dopo generazione. Si è ereditata un’educazione al rispetto del lavoro e di un’etica votata alla crescita delle persone che con l’azienda collaborano. Il 130esimo anniversario è stato per Ghella un’occasione per guardare al futuro. L’operazione realizzata insieme al curatore Dandini de Sylva ha un valore fondamentale per i nostri stakeholder: raccontare noi stessi all’interno e all’esterno dell’azienda si traduce nella volontà di sottolineare l’importanza di definirci attraverso una narrazione diversa dallo standard. L’attenzione rivolta all’arte è per noi fondamentale in quanto crediamo che questa sia generatrice di nuove intuizioni e stimolo verso il pensiero laterale. La mostra realizzata con il Museo MAXXI è inoltre un ulteriore omaggio che Ghella ha desiderato offrire a Roma, la nostra casa madre. Il nostro obiettivo non era sfruttare questa nuova occasione per raccontare cosa è Ghella. La nostra missione era piuttosto mostrare al pubblico la libertà che Ghella è in grado di dare. Stupire e ispirare è per noi di vitale importanza.

I cinque fotografi coinvolti nel progetto hanno stili e approcci unici. Come ha orchestrato questa diversità per creare una narrativa coerente e coinvolgente all’interno della mostra?

Alessandro Dandini de Sylva: Sono entrate in gioco diverse modalità di lavoro. Con Matteo d’Aloja ci siamo dati immediatamente due obiettivi. Da un lato, volevamo costruire un racconto per immagini che si offrissero come nuovi territori da esplorare, piuttosto che come sentieri già battuti. Dall’altro, mappare e presentare una nuova generazione di artisti italiani che sperimentano e indagano il presente attraverso la fotografia. La selezione degli artisti, avviata ormai due anni fa, è stata realizzata valutando sia la ricerca in cui ognuno di loro era impegnato sia la tipologia dei cantieri di Ghella attivi in quel momento. Abbiamo studiato la documentazione fotografica che per consuetudine l’azienda realizza in ogni cantiere e da questa siamo partiti per immaginare potenziali compatibilità tra autori e luoghi. Gli artisti scelti appartengono a generazioni diverse: ad autori come Stefano Graziani, che hanno alle spalle percorsi consolidati e collaborazioni con importanti istituzioni internazionali, abbiamo affiancato talenti emergenti come Giulia Parlato, proponendo uno spettro più ampio possibile delle potenzialità con cui questa ricerca poteva essere affrontata.

L’azienda vanta una lunga storia di innovazione. Come l’azienda considera il ruolo della memoria
storica e della documentazione artistica nel preservare e comunicare la propria eredità culturale
e industriale.

MdA: La documentazione del lavoro svolto da Ghella ha fatto sempre parte del nostro naturale modus operandi. Io stesso ho rianalizzato e riorganizzato il vastissimo archivio fotografico dell’azienda e Alessandro Dandini de Sylva ha poi messo in atto un lavoro di selezione. Nuove avventure sotterranee è in realtà il terzo passaggio di questa vasta operazione che è cominciata con una prima mostra
esposta nel 2021 al MAXXI di Roma, alla quale è seguita nel 2022 un’ulteriore esposizione al Museo MAXXI di L’Aquila. Nel caso della prima esposizione ci siamo concentrati nella parentesi temporale che passa dalla fine dell’800, periodo di nascita dell’azienda, fino agli anni ’50. Nella seconda mostra si è raccontato il secondo novecento, fino agli inizi del 2000. Queste operazioni sono state l’occasione di osservare come Ghella sia stata sempre all’avanguardia nella tecnica. Ci siamo ben presto resi
conto che una documentazione così vasta e così qualitativamente interessante è in grado di rappresentare l’intera storia dello sviluppo della fotografia come strumento di documentazione e questa raccolta è oggi utilissima per registrare le varie fasi dell’evoluzione del processo fotografico nella sua essenza.

La mostra propone una visione romantica delle delle infrastrutture sotterranee di Ghella. In che modo pensa che la rappresentazione artistica possa contribuire a una comprensione più profonda e sfumata dell’impatto delle infrastrutture sul tessuto urbano e sociale?

ADdS: Una domanda che avrebbe bisogno di una risposta estremamente articolata ma a cui do una risposta apparentemente molto semplice: la differenza sta nello sguardo. Le fotografie realizzate dagli artisti coinvolti non si limitano alla mera documentazione tecnica. L’osservazione dei cantieri di Ghella è lo stimolo per una serie di riflessioni sui cliché della rappresentazione, sull’ambiguità del documento fotografico e sugli aspetti intangibili del paesaggio in cui l’azienda va ad operare. Lo sguardo degli
autori contemporanei ci ha permesso di inserire l’operazione industriale all’interno del paesaggio naturale, umano e sociale. Abbiamo coinvolto le comunità che vivono a contatto con i cantieri, le prime ad affrontare la presenza dei siti di costruzione all’interno della loro quotidianità e anche le prime testimoni delle trasformazioni che le nuove infrastrutture porteranno nelle loro vite.

La sostenibilità è un tema cruciale per le moderne imprese di costruzione. Come integra Ghella
questi principi nel suo lavoro quotidiano e come viene riflesso nella narrazione visuale della mostra al MAXXI?

MdA: La sostenibilità è per noi un tema centrale. Decidiamo di agire in ogni contesto, urbano o extraurbano, in cui operiamo seguendo linee guida etiche. I nostri investimenti puntano a raggiungere traguardi di sostenibilità che anticipino i target del 2030 e del 2050. Siamo consci dell’impatto che Ghella ha sull’ambiente. Pur essendo un impatto indiretto, Ghella prende parte operativamente a commissioni esterne ma è comunque nostro interesse impegnarci e fare la nostra parte affinché il lavoro svolto possa avere l’impatto ambientale il più possibile orientato verso la sostenibilità. Tra le imprese italiane siamo fieri di poter vantare un’attenzione anche sull’impatto sociale dell’azienda. Garantire la sicurezza adeguata per i propri dipendenti non è tutto: da salvaguardare c’è anche il benessere delle persone e delle comunità che vengono coinvolte dalla nostra presenza operativa e tra gli strumenti che mettiamo in campo; a tal proposito cito la promozione dell’arte e l’investimento su progetti di alto profilo culturale. Crediamo fermamente che iniziative di questo tipo siano fondamentali per la costruzione di un dialogo e capaci di facilitare una comprensione delle ragioni e dei vantaggi che il nostro lavoro è capace di garantire sul lungo periodo.

La pubblicazione in sei volumi che accompagna la mostra suggerisce un’attenzione particolare alla
documentazione e alla narrazione. Può parlare del processo editoriale e di come ha cercato di creare
un dialogo tra testo e immagine?

ADdS: I libri pubblicati da Quodlibet sono il vero cuore del progetto. Le campagne fotografiche sono state sempre orientate alla realizzazione di una serie di pubblicazioni libere e poetiche di fotografia industriale. Le mostre sono venute dopo. Insieme a Filippo Nostri, il designer che ha curato la grafica e la scelta delle diverse carte dei cofanetti, abbiamo ragionato sul tema dell’impatto del cantiere sugli
autori nel breve periodo. La nostra intenzione era quella di far emergere la meraviglia che luoghi straordinari ed effimeri come i cantieri di Ghella sono in grado di suscitare al primo impatto. Siamo convinti che questo sia stato efficace nel mantenimento dell’autorità della visione con cui gli autori si sono espressi. Il lavoro editoriale ha mantenuto lo stesso approccio. I libri hanno sequenze serrate e trascinano il lettore fin dalle prime pagine nel vivo dell’azione. Non indugiano. Consentono di evidenziare
con ancor più forza le differenze tra gli autori scelti e il ventaglio di prospettive che sono stati in grado di offrire.

info: Ghella.it