L’arte concettuale rappresenta il vero spartiacque tra il moderno ed il contemporaneo. Essa infatti incarna allo stesso tempo la fine di un percorso e l’inizio di un nuovo. E’ il capolinea di un secolo di storia dell’arte, compreso all’incirca tra il 1850 e il 1950, nel quale si era assistito a mutazioni culturali di straordinaria potenza che, come abbiamo visto, sovvertirono realmente i canoni estetici tradizionali, minando l’alfabeto della comunicazione artistica.
Con l’arte concettuale invece comincia una nuova era. Un nuovo percorso certamente figlio degli avanguardismi di inizio secolo ma proiettato nel futuro con una carica di novità assoluta alla quale poi attingeranno molti dei movimenti artistici più innovativi del secondo 900 a cominciare dalla Pop Art, fino al Neo Dada e alla Minimal Art, tanto per fare gli esempi più eclatanti.
La prima e forse più efficace definizione di arte concettuale la si deve a Joseph Kosuth. L’artista americano teorizzò che l’arte si dovesse basare non più su una rappresentazione di tipo estetico ma sul pensiero. Come dire: è l’idea, una scintilla dell’intelletto e dell’immaginazione, che deve superare gli oggetti, i fatti per come l’uomo comune li percepisce. Il termine concettuale sta proprio a significare che la validità di una creazione artistica fosse da rinvenire non sulla capacità di rappresentare la realtà ma, appunto, sul concetto che vi è dietro.
Che l’esigenza di superare la realtà fosse molto sentita tra gli intellettuali e i creativi dell’epoca lo dimostra ancora una volta il fatto che più artisti andarono nella stessa direzione l’uno senza sapere dell’altro. Negli anni 60, tanto per fare un esempio, lo stesso Kosuth realizzò “Una e tre sedie” un lavoro che comprendeva una sedia vera, una sua riproduzione fotografica ed un pannello su cui era impressa la definizione linguistica sempre della parola sedia, mentre l’artista catalano, Joan Brossa diede vita a “Cerilla”, il disegno di un fiammifero affiancato da un fiammifero vero. Senza essersi minimamente parlati produssero lavori basati sullo stesso anelito creativo che, in pieno stile concettuale, puntava ad attrarre l’attenzione dello spettatore non più attraverso la pura rappresentazione ma attraverso le sensazioni che provocavano oggetti messi in relazione tra loro in termini semiotici e logici.
Partendo da qui la naturale evoluzione del Concettualismo portò gli artisti nell’arco di pochissimo tempo quasi a prescindere dall’opera in se perché tutta la loro attenzione immaginifica e creativa si concentrò sull’idea più che sulla sua realizzazione. Naturalmente fu un cambiamento tale da spiazzare certamente l’opinione pubblica, che aveva difficoltà a cogliere il pensiero recondito che l’artista avrebbe voluto trasmettere, e in parte la stessa comunità intellettuale e parte della critica ancora impreparate a comprendere la portata del cambiamento che il Concettualismo stava imponendo su tutto il sistema dell’arte.
Eminentissimi rappresentanti del primo concettualismo furono artisti che hanno fatto la storia del contemporaneo finendo poi per essere iscritti ad altri generi: chi al Neo-Dada, chi al Minimalismo chi alla Pop Art. Mi riferisco innanzitutto a Jasper Johns e Robert Rauschenberg, ma anche a Bruce Nauman, a Joseph Beuys e a Pietro Manzoni l’artista italiano che con le sue lattine colme di “Merda d’artista” (è qui l’idea della provocazione era decisamente evidente) ha certamente segnato una pagina del concettualismo.