Contemporary Cluster cambia sede, il ritorno all’Aventino

Lo spazio di Giacomo Guidi si rinnova e a settembre torna all'Aventino, quartiere dove è iniziata la sua storia con una «consapevolezza crescente»

Durante l’inaugurazione della personale di Flavio Orlando Tappa FissaGiacomo Guidi, direttore del Contemporary Cluster, ha annunciato che la galleria romana cambierà sede a settembre. Lo abbiamo raggiunto per intervistarlo e farci rivelare i dettagli in merito al trasferimento e alla programmazione espositiva dopo il cambio di indirizzo.

Quale sarà e dov’è collocata la nuova sede di Contemporary Cluster?
La nuova sede di Contemporary Cluster sarà in via Odoardo Beccari all’Aventino; è un po’ un ritorno alle origini, dov’è iniziata la storia del Cluster; infatti, la primissima sede della galleria era proprio in questo quartiere. La zona è molto bella ed elegante, facilmente raggiungibile in auto in quanto fuori dalla Ztl, con possibilità di parcheggio nelle immediate vicinanze, la fermata della metro B si trova a meno di un chilometro dallo spazio espositivo ed è nelle immediate vicinanze di quello che sarà uno dei centri nevralgici della città: il quartiere Ostiense. È tra i quartieri che riceveranno maggiore attenzione nei prossimi anni, vuoi il lavoro fatto con il Gazometro, la NABA, la Centrale Montemartini, il nuovo distaccamento del MAXXI; diventerà un polo culturale di primo ordine. Non dimentichiamoci poi il grande investimento che PalaExpo sta portando avanti al Mattatoio a Testaccio e le varie gallerie che negli ultimi anni hanno aperto in zona. Credo molto nelle potenzialità di questa zona di Roma. 

Altri vantaggi?
Torneremo poi a essere su strada, quindi più facilmente visibili a tutti, la galleria avrà infatti tre grandi vetrine su strada con vista sulle Mura Aureliane. Dopo quest’ultima stagione sentivamo il forte bisogno di un ritorno ad uno spazio più minimale e ampio, che facesse da contenitore alle mostre e che lasciasse molta più libertà agli artisti. Qui a Brancaccio lo spazio è suggestivo ma gli artisti spesso sono limitati dall’architettura del palazzo e iniziava a pesarci anche la frammentazione delle mostre, organizzate per sale espositive.

Come cambieranno le scelte allestitive nello spazio dell’Aventino?
Come lasciavo intendere prima, la nuova sede sarà un grande open-space di 500/600 mq. In tal modo, le mostre ritorneranno ad avere una visione unitaria, con più rigidità, più rigore, più severità e opere di grandi dimensioni; è, in un certo qual modo, un ritorno all’ordine. L’ambiente stesso della galleria porterà a sviluppare mostre più installative; per quanto riguarda le collettive, vi sarà molto più dialogo tra gli artisti. In programma abbiamo sia diverse personali, in cui gli artisti stanno già lavorando a grandi opere installative che varie collettive interessanti che vedranno coinvolti artisti internazionali e giovani curatori. Infine, nella nuova sede, si vedrà il ritorno di artisti establishment che hanno collaborato con me in passato; la galleria diverrà un ponte generazionale dove poter conoscere i giovani artisti e allo stesso tempo rincontrare gli artisti più maturi. L’obiettivo è quello di arrivare a creare mostre in cui le diverse generazioni dialoghino. 

Cercherai di fare rete con i musei e le gallerie della zona? Stai già lavorando a tal proposito? 
Da venti anni opero in simbiosi con la città, per la città e attraverso la città. Tessere una rete sinergica è stato uno dei miei intenti primari, un compito che continua a orientare il mio operato. Il mio impegno, costante e inalterato, è sempre stato rivolto all’esaltazione dell’arte. 

Vuoi parlarci della prima esperienza del Cluster all’Aventino? 
Il fato mi riporta alle mie radici, non solo in termini geografici o urbani. Mi rendo conto di come molti artisti stiano oltrepassando i confini disciplinari tradizionali. Alla nascita di Contemporary Cluster, nel 2016, avevo percepito che la contemporaneità esigeva un’analisi più vasta e approfondita. Ora, con l’aumento e il consolidarsi di iniziative simili, sento l’urgenza di ristabilire un ordine. È imperativo, lo sento come un dovere, riportare al centro la qualità progettuale, la sintesi, l’urgenza, l’affermazione, quello che è attaccato alla storia, quello che sarà la prossima storia. Intendo ridefinire una galleria con una forte progettualità interna, con mostre che, nella loro essenzialità, affermino molto. 

Puoi anticipare qualcosa del programma? Qualche nome? 
Sono molto felice di inaugurare il nuovo spazio di Contemporary Cluster con una mostra che ha un respiro internazionale. Una collettiva che presenta una selezione di artisti italiani ed esteri, accompagnata da un testo di Arnold Braho. Tra gli artisti in mostra: Nicola Ghirardelli, Arvin Golrokh, Giuseppe Lo Cascio, Lorenzo Montinaro, Jacopo Naccarato, Linus Rauch, Franziska Reinbothe e Sofiia Yesakova. Il titolo è “Fatmah”, nome che affonda le radici nella cultura araba e islamica. “Fatmah” è una variante del nome “fattūmah”, derivato da “Fatah”, che implica concetti di rinnovamento e apertura. A novembre, invece, avremo il piacere di accogliere a Roma Jonathan Vivacqua, con una mostra curata da Angelica Gatto. 

Stai pensando di lanciare delle iniziative legate al quartiere o vuoi mantenere una linea più da galleria commerciale?
La galleria si trova in una zona che si sta affermando come il nuovo epicentro del contemporaneo. Abbiamo già progetti che prevedono la collaborazione di diversi enti, è prematuro entrare nei dettagli. Sono, comunque, molto ottimista riguardo alla possibilità di instaurare una interazione con le istituzioni locali. 

Quali saranno i progetti Out-Cluster?
Oltre alla partecipazione a fiere in Italia e all’estero, la galleria intende sviluppare sinergie con spazi internazionali. Presto annunceremo iniziative che avranno una permanenza significativa in Spagna e negli Stati Uniti. L’obiettivo è consolidare la nostra presenza a livello globale e creare nuove opportunità per gli artisti con cui collaboriamo. 

Senti che il tuo modo di approcciarti al mondo dell’arte, agli artisti e ai suoi operatori sta cambiando o è cambiato nell’ultimo anno?
Come già detto sono ormai vent’anni che opero in questo settore. Nonostante i mutamenti, ritengo di essere rimasto fedele alla mia visione. Avvicinandomi ai 42 anni, mi percepisco in una fase di maturazione professionale. Le esperienze accumulate nel tempo hanno indubbiamente plasmato il mio approccio lavorativo attuale. Ho sempre vissuto il mio lavoro con un coinvolgimento molto personale, questa maturazione si riflette inevitabilmente nel mio modo di operare. La mia esperienza si traduce ora in una consapevolezza crescente, che influenza la mia pratica quotidiana. 

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