Liliana Moro al PAC: un’arte andante con moto

La nuova mostra di Liliana Moro a Milano è da vedere ma soprattutto da ascoltare, nel racconto di un suono etereo, inafferrabile e avvolgente

Sarà visitabile fino al prossimo settembre la nuova mostra che il Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano ha dedicato a Liliana Moro (1961), intitolata Andante con moto e coprodotta con il Kunstmuseum Liechtenstein di Vaduz. L’esposizione, curata da Letizia Ragaglia e Diego Sileo, consiste in una personale dell’artista milanese che ripercorre la sua più che trentennale produzione con opere che vanno dalla fine degli anni Ottanta fino a oggi e che rendono ampiamente conto dell’eterogeneità di media e tecniche con cui Moro si è confrontata nel corso degli anni.

Una mostra da vedere ma soprattutto da ascoltare, come suggerisce anche il titolo che riprende quello di una sua opera del 2023, presente al piano superiore del Padiglione ma al momento non visibile al pubblico a causa di alcuni problemi tecnici in fase di risoluzione: “andante con moto” è infatti una espressione presa in prestito direttamente dall’ambito musicale che descrive il tempo, l’andamento, di un brano. Il percorso espositivo si concentra dunque in particolare sul suono: materia immateriale di molte opere di Moro, esso viene da lei impiegato in forme e modalità di volta in volta differenti, fin dai suoi esordi.

Talvolta, il suono è rappresentato dalla sua voce registrata. È il caso di Moi (2012), installazione sonora costituita da dodici altoparlanti disposti a cerchio dai quali proviene la descrizione, declamata a parole dall’artista stessa, della performance Studio per un probabile equilibrio in movimento da lei svolta nel 1997 assieme a Giovanna Luè: un’opera che definisce lo spazio grazie soprattutto al suono sprigionato da questo girotondo di casse acustiche, in mezzo al quale lo spettatore è chiamato a posizionarsi.

In altri casi, invece, la voce è quella degli altri. Così accade per Le nomadi (2023), un’installazione costituita da un gruppo di zaini scolastici per bambini, colorati e un po’ sporchi, collocati su carrellini con rotelle. Avvicinandoci ci accorgiamo che da essi fuoriesce un brusio di voci femminili che, per essere ascoltate, ci chiedono di cambiare il nostro punto di vista, di abbandonare la nostra consueta posizione eretta e abbassarci verso qualcosa che ci sembra diverso, strano, a tratti anche un po’ sgradevole, per metterci in relazione con esso.

Capita poi che l’opera sia costituita da un brano musicale. Ad accogliere il pubblico al Padiglione, infatti, vi è Senza fine, installazione sonora che trasmette in loop tante versioni diverse del brano partigiano Bella ciao, provenienti da tutto il mondo. La musica, diffusa da un altoparlante che pende dal soffitto, si propaga nello spazio ribadendo il suo valore politico di inno alla libertà, alla protesta, alla giustizia (ancora più suggestiva ed emblematica diviene quest’opera se si pensa alla storia del PAC stesso, teatro della strage di matrice mafiosa del 27 luglio 1993).

Il suono può anche essere un rumore, come avviene nell’installazione proposta per la prima volta nel 2001 presso la galleria milanese Emi Fontana e costituita da una distesa di cocci di vetro sui quali i visitatori sono chiamati a camminare, producendo scricchiolii ogni volta che un frammento si spezza sotto il loro peso. Uno spazio vuoto, riempito solo dalla presenza del visitatore e dalla sua azione libera all’interno di esso, emblematico di tanta parte della produzione artistica di Liliana Moro: viene infatti attivata dalla presenza e dall’azione dello spettatore che è chiamato a interagire con essa, percorrendola. Questa è una costante per l’artista che punta a chiamarci in causa rendendoci parte attiva dell’arte (come avviene anche per la già citata installazione Le nomadi).

L’invito che ci rivolge è dunque quello di porci in ascolto. Un ascolto che non si limita però alla sfera puramente sonora ma che si estende, in senso più ampio, all’intera nostra esperienza. Nell’arte di Moro, dimensione pubblica e dimensione privata diventano infatti una cosa sola: a partire da oggetti semplici ed essenziali della nostra quotidianità (zaini per bambini, pezzi di vetro, pattini a rotelle, gommapiuma, coperte di pile, megafoni) l’artista racconta qualcosa della realtà in cui viviamo, dei problemi della nostra società, sempre con grande attenzione anche alla partecipazione collettiva e al coinvolgimento dello spazio urbano.

A ideale completamento del percorso espositivo, infatti, vi è anche un’ulteriore installazione permanente e sitespecific di Liliana Moro, collocata presso il quartiere CityLife: si tratta di Sundown (2023), realizzata nell’ambito del progetto ArtLine Milano promosso dal Comune meneghino e costituita da una serie di sedie in bronzo su cui chiunque lo desideri può accomodarsi. Da quella posizione è possibile ascoltare in diretta, grazie alla presenza di un altoparlante, le trasmissioni di RadioTre le quali, al tramonto, vengono sostituite da un allarme che ricorda al “pubblico” che è arrivato il momento di guardare il cielo e godere dello spettacolo naturale.

Come ricorda Cecilia Casorati in apertura al catalogo La fidanzata di Zorro (Skira, 2004), contenente una ricognizione della produzione artistica di Moro dai suoi esordi fino ai primi anni Duemila, le opere dell’artista milanese “sono territori di un’esperienza individuale (quella dell’artista, ma anche, e soprattutto, quella dello spettatore), che invitano ad andare oltre ciò che è immediatamente visibile. Si tratta, letteralmente, di entrare nell’opera, di sostare e farci pervadere da ciò che abbiamo intorno ma senza chiuderci il mondo alle spalle.”

Ecco allora che proprio il suono, così etereo e inafferrabile ma anche così avvolgente, diviene elemento fondamentale delle opere di Liliana Moro (dei suoi “territori”, come li definisce Casorati) che pur nella loro essenzialità estrema (Senza fine, come detto, è costituita esclusivamente da un altoparlante e dalla musica di Bella ciao) ci invitano all’azione e alla riflessione. Una moderazione formale, una misura, alla quale però non manca mai un po’ di brio. Insomma, andante con moto.

26 giugno – 15 settembre 2023
Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano, Via Palestro 14, 20121
info: Pac Milano

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