Psychomachia II, la mostra di Alessandro Giannì a Bergamo

Nell’indipendente bergamasco Spazio Volta fino al 30 agosto è possibile vedere la mostra dell’artista romano Alessandro Giannì Psychomachia II: Silent Collapse. 

L’esposizione, promossa in collaborazione con il Contemporary Cluster di Roma, è il secondo capitolo di Psychomachia, presentata nel Museo Archeologico Nazionale di Palestrina negli scorsi mesi di marzo-maggio 2024 con un testo di Edoardo De Cobelli. I lavori scultorei sono nati proprio dall’osservazione di questo contesto, essenziale per comprendere l’arte romana prenestina – dall’antico nome del borgo di Praeneste – e i suoi reperti ospitati nel rinascimentale Palazzo Barberini, che svetta sulla sommità dell’antico santuario della Fortuna Primigenia. Uno dei capolavori ivi conservati è il Mosaico Nilotico, in tessere policrome, che rappresenta una veduta prospettica del paesaggio egiziano durante l’inondazione del Nilo, realizzato da artisti alessandrini alla fine del II a.C.

photo Giorgio Benni

Oltre a questo capolavoro, nel museo sono presenti la colossale statua di Iside-Fortuna – originale ellenistico in marmo bigio di Rodi –, il gruppo della Triade Capitolina di Guidonia. Alle pareti della Sala della Tholos, rifulgono numerosi mosaici complessi, per tale motivo l’artista Alessandro Giannì ha preferito concepire un percorso di sole sculture, esposte su basamenti, in conversazione con i manufatti archeologici. «Da Spazio Volta mi sembrava interessante lasciare le pareti sgombre, per far vedere le rocce nude, e volevo rimanere coerente con la prima mostra», spiega l’artista. Delle 7 sculture, appositamente realizzate per quest’occasione, ne sono state selezionate 4 per lo spazio indipendente bergamasco.

Inoltre, è stata concepita una nuova opera site-specific che occupa tutta la superficie della vetrata aprendosi sulla piazza, il titolo è Hemeroskopeion. «Il termine si riferiva allora alla torre di guardia, ma Hemeroscopium si divide in skopenium, ovvero osservare, ed hemera, il giorno. La vetrata è infatti un osservatorio diurno: come le pareti di una cellula, si lascia attraversare dallo sguardo e dalla luce che da fuori penetrano all’interno e, viceversa, si proiettano all’esterno», scrive il curatore e direttore di Spazio Volta, Edoardo De Cobelli. Hemeroskopeion rielabora e manipola a livello digitale, giocando sulla distorsione dell’immagine, alcune delle sculture in mostra.

Le sculture sono tutte in ceramica ma lavorate in modo da camuffare quasi la materia per farle assumere l’aspetto di un metallo come il bronzo. Sono state realizzate grazie al supporto tecnico della Ceramicheria Rometti, nota officina il cui direttore artistico è ora Jean-Christophe Clair. L’azienda venne fondata nel 1927 da Settimio Rometti, insieme ai nipoti Aspromonte Rometti e Dante Baldelli, nel borgo umbro di Umbertide. L’azienda, una delle eccellenze tra industria e artigianalità del territorio, attrasse artisti storici come Leoncillo, Cagli, Ugo La Pietra.

L’idea intorno alla quale gravita questo nucleo scultoreo è il Disfacimento, il crollo di un Impero. La parola Psycomachia deriva dal greco e significa “guerra della mente”. Alessandro Giannì usa infatti la figura retorica della sineddoche alludendo alla mente tramite il ricorrere della parte del corpo raziocinante, la testa. Il ribollire di idee, pensieri, forze antagoniste nella mente può infatti generare opere dai significati profondi: «apprezzo le opere degli altri artisti in cui ritrovo una battaglia interiore», quell’accavallarsi di idee che scorticano il cervello, «eppure, quando creo un’opera non parto da un progetto preciso, non la immagino prima in maniera razionale», ci racconta Alessandro Giannì. L’artista ha ricalcato il titolo di un poema d’epoca romana, scritto intorno al V secolo d.C. dal politico e poeta tardo-latino Aurelio Prudenzio Clemente.

LE SCULTURE IN MOSTRA DA SPAZIO VOLTA

Vaga e viva è una scultura all’apparenza astratta che rappresenta un’aquila – simbolo  di Roma – che diventa una torre in fiamme o viceversa. Uno dei caratteri più interessante delle opere di Giannì è proprio l’ambiguità del soggetto dato dalla reversibilità della metamorfosi: non si comprende quale sia il punto di partenza se sia l’essere vivente a trasformarsi in oggetto o se accasa il passaggio inverso.

Anche in Dalloblio e dallindifferenza non riusciamo a comprendere se il serpente rappresentato sia entrato in un vaso e l’abbia spaccato o se, al contrario, sia giunto dopo il suo collasso e si stia comportando ora da “parassita”, pronto a fare del recipiente la sua dimora. Quest’animale ricorre in generale nell’opera dell’artista che, sull’onda della tradizione antropologica e iconologia, lo identifica come una creatura maligna – basta pensare all’episodio della tentazione di Adamo ed Eva – e “aliena” come se provenisse da un’altra realtà.

La terza scultura circolare Psychomachia include un volto, per Giannì la testa è pertinente a un fantomatico Imperatore, un perno attorno al quale la realtà si sta sgretolando. Le forme potrebbero richiamare delle rovine antiche o degli alberi morti che si piegano su se stessi, una fortezza implosa e collassata in tutte le direzioni. I lembi dell’argilla sono infatti estremamente articolati, comunicando un senso di fragilità e destabilizzazione. «Immagino un regnante al quale ogni cosa stia crollando addosso ma lui continua, imperterrito, ad andare avanti», confida l’artista.

Il medesimo prototipo di volto, che l’artista ripropone per un intento estetico-formale, ritorna in Teste comunicanti: due teste, connesse l’una all’altra da rivoli di argilla cotta e smaltata. Potrebbero essere legati dall’intreccio delle loro chiome, da reti neurali o da una sorta di abbraccio vincolante. Giannì immagina lo stesso imperatore ritratto in un contesto diverso, magari prima del crollo della civiltà, catturato in un momento di conflitto interiore. La mente è dilaniata, divisa in due poli estremi, strade o soluzioni inconciliabili. L’uomo si trova quindi a interrogarsi, ad assumere due aspetti completamente diversi della propria personalità che si rivelano, tuttavia, le facce della stessa medaglia.

photo Luca Viganò

Se la forza evocativa di queste sculture e il loro tepore vibrante mi richiama alla mente le pressioni digitali evidenti nelle teste impressioniste di Medardo Rosso, lo sfarfallio luminoso quando la luce colpisce la loro superficie e la loro articolazione barocca restituiscono un’esigenza diversa, quella di catturare un’attualità liquida, in continua mutazione. La realtà che l’artista propone in scultura non tradisce quella che restituisce attraverso la pittura. Il cangiantismo manierista, reso pittoricamente in sfaccettature molteplici e in virtuosismi esasperati, è frutto dello scroll delle immagini sugli schermi digitali di smartphone e laptop. In scultura, Giannì ricerca invece l’espressione di una spontaneità della materia, una sperimentazione che lo porti oltre le terre ferme della consapevolezza. 

Alessandro Giannì, Psychomachia II: Silent Collapse
fino al 30 agosto 2024
Spazio Volta