Alla GNAM di Roma il secondo appuntamento “Riflessioni sulla Cancellatura” di Isgrò

La direttrice Cristina Mazzantini, introduce Emilio Isgrò in dialogo con Bruno Corà, Michele Coppola, Daria de Pretis, Giovanni Grasso e Piero Lissoni, in un confronto di grande valore sul significato del gesto cancellatorio

Il maestro delle cancellature e la direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea Cristina Mazzantini, hanno inaugurato lunedì 3 giugno il secondo promettente incontro Riflessioni sulla Cancellatura di Emilio Isgrò: letterati, poeti, giornalisti e scrittori verranno chiamati a raccontare il proprio rapporto autobiografico con la cancellatura fisica e concettuale del maestro.

L’appuntamento si inserisce infatti nel ciclo delle inedite iniziative proposte dalla GNAM sotto l’ambiziosa visione della Mazzantini, che intende celebrare annualmente un grande artista contemporaneo. «Serate concepite per avvicinare il pubblico dell’arte e degli artisti al pubblico e per far parlare di arte non necessariamente di l’arte la fa» – ha affermato la direttrice Mazzantini.

Coinvolte quindi come sempre illustri personalità del mondo della cultura: lo storico dell’arte contemporanea Bruno Corà, l’executive Director Arte, Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo e Direttore delle Gallerie d’Italia Michele Coppola, la giurista costituzionale Daria de Pretis, il giornalista Giovanni Grasso e l’architetto e designer Piero Lissoni: ognuna di queste a vario titolo lo ha conosciuto ed è rimasto influenzate dal suo pensiero.

Inoltre, In occasione dei sessant’anni della prima Cancellatura il grande museo romano espone una selezione significativa delle sue opere tra cui Isgrò cancella Isgrò, opera creata appositamente con la cancellazione di Autocurriculum, il suo romanzo autobiografico e donata alla Galleria Nazionale. La sua arte, così come questo stimolante ciclo di incontri, si pongono come una riflessione continua e incessante su identità e negazione, che – afferma lo storico dell’arte e responsabile dell’Archivio scientifico del grande artista Marco Bazzini – «svelano fragilità e indeterminatezza che stanno dietro a ogni autorappresentazione».

«Un format aperto che serve a conoscere l’artista come persona, in rapporti diretti che sfatano il mito che l’arte contemporanea sia facile da fare e difficile da capire» – ha continuato la direttrice. Un invito a cui Bruno Corà, primo ospite a intervenire, ha aderito con entusiasmo, in un’arte del maestro che ha definito «proteiforme, con un carattere leonardesco, poichè si è manifestata in ambiti come poesia, romanzo, pittura, performance, teatro. Dopo lo spazialismo di Fontana e la matericità di Burri, Emilio Isgrò occupa un posto di straordinario valore innovativo, poichè la sua cancellatura è strumento trasformativo più di qualunque altro concepito nella contemporaneità».

Un segno incisivo, poetico e di alto significato artistico: «con l’ideazione della cancellatura, l’artista giungeva già negli anni ’60 a una chiarezza enunciativa e di formalizzazione di quello che poi sarebbe divenuto il suo percorso visivo, la sua arte generale del segno». Salvare la parola, confrontarsi con la civiltà della immagine, cercare di emergere da quell’ingente invasione artistica americana negli anni ’60. «Con lo sbarco della Pop Art in Italia nel 1964, la generazione di artisti statunitensi aveva conquistato la scena artistica europea e questo aveva scosso e persuaso Isgrò di reagire, individuare uno spazio vitale di rilancio dell’intero universo poetico e visivo». Da qui l’intuizione del segno della cancellatura e ciò da cui tutto poi è nato, «dispositivo semiotico basilare della sua espressione artistica più alta, strumento idoneo ed efficace. Nessuna modalità ripetuta pedissequamente – si pensi a Giuseppe Capogrossi – ma un cambiamento continuo di forme, da pittura a scultura a drammaturgia».

Prosegue la giurista Daria De Pretis che esordisce affermando che non ci potrebbe essere «nulla di più distante del diritto e dell’arte contemporanea, eppure il maestro Isgrò si è cimentato nella cancellatura proprio attraverso testi giuridici. Un rapporto tra testo e senso, testo e contesto che è molto complesso in ambito giuridico. Isgrò ci induce a vedere nel testo ciò che il testo dice, non dice, viene attuato o meno. Come non ricordare la cancellatura della Costituzione o quella del Codice Civile, emblema di tutto questo: un testo che Isgrò ha fatto parlare per ciò che realmente è».

«Un vero artista» – ha proseguito il giornalista Giovanni Grasso – «un uomo curioso, attratto dalla conoscenza. Un uomo che non stai mai fermo, un fanciullino pascoliano». Cancellare è riscrivere, ricominciare da un qualcosa ma «Isgrò crea significati attraverso segni grafici che diventano continuamente simboli. Al Quirinale la cancellatura delle sue leggi razziali non è scomparsa, ma rimane. Le cancellature sono allora le cicatrici, ricordano un male ma si continuano a vedere». Michele Coppola parla di «un gesto assoluto ed esplicito, e una responsabilità collettiva nei confronti del suo lavoro: continuare a proteggere la strada che ha segnato, qualcosa che ha tolto e aggiunto». Un exemplum anche per Piero Lissoni e per i suoi lavori nell’ambito dell’architettura, in «continuo ed incessante cancellare».

«Sono uno di quegli artisti che ha sempre avuto paura di restare senza lavoro» afferma – Emilio Isgrò, che parla di «una “formica vagabonda” partita da un paesino insignificante siciliano e che ora arriverà ad Art Basel. «Una formica» – specifica la direttrice – «che si riferisce al camion posto fuori la galleria con la scritta “questo veicolo trasporta una formica” e che ora arriverà a Basilea in occasione della fiera. Rapportarci con Emilio è rapportarci con un filtro selettivo, chiunque può imparare a farlo». Cancellando la parola, si potenzia il senso delle cose, si producono nuove ed infinite immagini, e solo chi sa veramente scrivere può permettersi di cancellare.

«Farò di tutto per non deludervi, perchè io alle cose ci penso. Ho reagito a un determinato modo di intendere l’arte, perchè è arrivato il momento di far diventare grandi le cose piccole. Abbiamo alcuni degli artisti più importanti del mondo, è necessario farli vedere. Continuerò a lavorare con gioia, perchè la forma dell’arte è contagiosa» – conclude poi il maestro, con un augurio «quello di non avere paura di cadere, sbagliare, se si è convinti di fare la cosa giusta».

info: gnam.it