“Pensare in vetro”: l’arte a Berengo Studio

Il fondatore Adriano Berengo racconta in un'intervista la mission di Berengo Studio e la mostra che ha portato a Venezia, Glasstress 81⁄2

Chi crede che il vetro di Murano sia solo artigianato tradizionale, non conosce lo straordinario operato di Berengo Studio. Questa realtà unica al mondo ha saputo riportare il vetro in dialogo con l’arte, dando il via a un ambito di sperimentazione creativa a dir poco sorprendente, che ha ormai raggiunto una rilevanza mondiale e che vede coinvolti artisti affermati ed emergenti, istituzioni museali e collezionisti, esperti e appassionati. A 35 anni dalla sua fondazione, intervistiamo il suo visionario fondatore, Adriano Berengo.

Partiamo dalle origini, la fondazione dello Studio. Come nacque l’idea? In che modo il progetto si inseriva nella storica tradizione di Murano e che visione dell’arte vetraria proponeva?
In tutta onestà, ho difficoltà a usare il termine “arte del vetro”. L’idea di Berengo Studio è nata nel 1989 perché volevo creare un luogo dove gli artisti potessero venire a pensare in vetro. All’epoca non esisteva. Volevo rendere il materiale e l’artigianato di Murano accessibili al mondo dell’arte contemporanea. Non vedevo perché ci dovesse essere una barriera per le persone che lavoravano con questo materiale. Gli artisti lavorano sempre con altri mezzi, con il legno, i metalli e la pietra senza problemi, è solo il vetro che è stato segregato in questo modo e separato. Voglio fermare tutto questo, voglio dimostrare alle persone che con il giusto accesso tutto può accadere.

In questi decenni, Berengo Studio ha invitato centinaia di artisti contemporanei (locali, nazionali e internazionali) a collaborare con i suoi maestri artigiani. La lista di nomi è lunga e ne contiene di grandi in tutte le discipline. Quali sono state le collaborazioni più prestigiose? E quelle più stimolanti?
Che domanda! Non potete farmi scegliere, non mi è permesso avere dei preferiti, sarebbe come scegliere tra i miei figli. Quello che posso dire è che ogni artista porta con sé il proprio modo unico di lavorare e mi sento molto privilegiato nel poter incontrare e collaborare con così tante menti creative incredibili. Un buon esempio di collaborazione su larga scala che abbiamo portato a termine di recente è stata la mostra con Ai Weiwei nel 2022, La Commedia Umana – Memento Mori, in cui abbiamo fatto debuttare la sua scultura sospesa su larga scala La Commedia Umana all’interno della chiesa di San Giorgio Maggiore.

Come si è evoluta l’interazione creativa tra maestri artigiani e artisti contemporanei? Che tecniche e processi originali ha generato?
L’interazione creativa tra maestri artigiani e artisti contemporanei è in continua evoluzione. Molte tecniche e processi cambiano mentre cerchiamo di seguire il progetto o l’idea di un artista. Tutto torna alla comunicazione, ogni artista comunica con il maestro in modo diverso. Abbiamo adattato al vetro diverse tecniche di diversi medium, anche semplicemente con diverse distribuzioni di colore, mescolanze di colori, effetti di finitura, incisioni, ecc. Non posso entrare nello specifico: alcune cose devono rimanere top secret!

Le opere realizzate a Berengo Studio sono esposte in collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, compreso il Corning Museum of Glass Art. Quali hanno riscosso maggiore interesse internazionale?
Dipende da cosa si intende per internazionale! Ovunque ci si trovi nel mondo c’è interesse per il vetro e per quello che facciamo. Mi piace pensare che la nostra mostra Glasstress a Murano sia sempre il cuore pulsante di tutto ciò che facciamo e che riporti le persone nel luogo da cui proviene il vetro.

Come nasce Fondazione Berengo e qual è la sua mission?
La Fondazione Berengo è nata come naturale estensione del lavoro dello Studio. Allo Studio Berengo siamo artefici, produciamo il vetro nella fornace. La Fondazione può fare molto di più, organizzando e sponsorizzando mostre, iniziative di sensibilizzazione, costruzione di comunità; si tratta di promuovere il messaggio dello Studio e di dargli una piattaforma più ampia.

E invece come si è intessuta la vostra collaborazione con la Biennale di Venezia?
Abbiamo lavorato con così tanti artisti che era inevitabile che a un certo punto uno di loro venisse selezionato per rappresentare un padiglione della Biennale. Nel 2019 abbiamo avuto il piacere di lavorare con l’artista francese Laure Prouvost per la sua installazione nel padiglione francese, con l’artista austriaca Renate Bertlmann per la sua installazione nel padiglione austriaco e con l’artista italiana Liliana Moro per una scultura esposta nel padiglione italiano. Quest’anno abbiamo in cantiere molte altre collaborazioni. Non posso condividere nulla ora, ma diciamo solo che sono eccitato per l’apertura della Biennale.

Recentemente avete aperto un nuovo spazio a Murano, l’Art Space, che ospita sia pezzi della vostra collezione sia mostre contemporanee. Come avviene la selezione delle opere?
È in costante evoluzione. Lo Spazio d’Arte della Fondazione Berengo è fisicamente una buona rappresentazione di ciò che voglio realizzare qui a Murano, un equilibrio tra l’onorare la tradizione e allo stesso tempo incoraggiare l’innovazione. Al centro c’è la vecchia fornace, intatta, lasciata com’era quando ho trovato l’edificio, l’anima della fornace, i vecchi mattoni e le finestre ancora intatte. Il resto dello spazio è stato modernizzato, un cubo bianco e liscio, una tela bianca per le opere d’arte da esporre e per gli artisti da realizzare. La selezione delle opere dipende dai curatori con cui lavoriamo, dagli artisti con cui collaboriamo in ogni momento, è uno spazio in continuo movimento, proprio come la laguna veneziana!

Quest’anno Glasstress compie 15 anni. Vi va di raccontarci le edizioni più recenti e farci qualche anticipazione sulla prossima?
Ogni edizione di Glasstress è diversa, cambia a seconda degli artisti con cui lavoriamo, ma anche del luogo e dell’ambiente in cui si svolge la mostra. Sebbene la mostra sia nata nel 2009 come biennale a Venezia, ha cominciato presto a viaggiare in luoghi prestigiosi in tutto il mondo. Abbiamo fatto mostre ovunque, da New York a Beirut. Negli ultimi anni l’abbiamo portata a Stoccolma in Svezia e a Sopot in Polonia, quindi sono entusiasta che per il 2024, che è l’anniversario dei 35 anni da quando ho aperto le porte di Berengo Studio a Murano, torneremo dove tutto è iniziato. Questa nuova edizione sarà entusiasmante, perché avremo una mostra divisa in due sedi, con la sede principale a Murano e un progetto speciale satellite esposto all’Arsenale Nord. Dato che si tratta dell’ottava edizione a Venezia, abbiamo deciso di chiamarla Glasstress 81⁄2, in modo che l’8 rappresenti la mostra principale e la metà il progetto speciale – è anche una divertente citazione del capolavoro di Fellini, non potevamo resistere!

Lo scorso anno avete affidato al famoso designer Sam Baron l’allestimento di una mostra a Berengo Collection. Com’è andata?
È stato un progetto meraviglioso, perché Sam ha tratto ispirazione dalla storia dello spazio della Berengo Collection. Un tempo era un’antica farmacia vicino a San Marco, nel cuore di Venezia, e Sam ha preso questo concetto e l’ha fatto proprio. Ha davvero infuso la storia dello spazio in tutte le opere in vetro che ha prodotto per la mostra: è stato bellissimo da vedere.

Avete nuovi progetti o collaborazioni in vista che avete voglia di condividere con noi? Che futuro immaginate oggi per l’arte del vetro?
Ci sono sempre progetti in cantiere a Berengo! Temo che troppi siano top secret e sottoposti a embargo, ma abbiamo sicuramente molte cose interessanti che saremo in grado di condividere presto.
Ancora una volta mi oppongo al termine “arte vetraria”, ma credo che il futuro del vetro a Murano sia luminoso e che sempre più artisti contemporanei si stiano risvegliando al potenziale creativo di questo antico materiale. Sono entusiasta di far parte di questo cambiamento e di contribuire a facilitare il lavoro di queste menti creative con il vetro. La gioia del futuro di questo materiale è che è in continua evoluzione, come il vetro stesso, è sempre una sorpresa.