Steve Paxton, figura pioneristica della danza sperimentale dagli anni Settanta fino ai tempi più recenti, è morto nella notte del 21 febbraio negli Stati Uniti. Leone d’oro nel 2014, Paxton è stato ricordato dalla Biennale di Venezia, che ha espresso in una nota il proprio cordoglio.
“La Biennale di Venezia ricorda con grande stima e ammirazione il coreografo e danzatore Steve Paxton. Steve Paxton ha fatto la storia della danza e delle arti in generale. Protagonista della rivoluzione artistica che ebbe il suo epicentro a New York negli anni 70 nell’ormai mitica Judson Church irradiando in tutto il mondo il post modern americano e la contact improvisation, Steve Paxton è figura immensa anche in forza di una ricerca inesausta condotta in maniera tanto appartata quanto con coerenza di stile e di vita”. Questa la dichiarazione scritta dalla Biennale.
“Yvonne Rainer – prosegue la nota – compagna di viaggio al Judson come nel Grand Union, amava dire scherzando che lei aveva inventato la corsa e Paxton la camminata, e davvero molti dei primi lavori di Paxton – da Proxy del 1961, Transit del 1962, English del 1963 a Satisfyin’ Lover del 1967 – resero fondamentale l’atto di camminare. Celebrato in tutto il mondo come autore di spettacoli seminali, fra cui spicca il capolavoro delle Goldberg Variation, Steve Paxton alla Biennale Danza aveva ricevuto il Leone d’oro alla carriera nel 2014″.
Una lunga strada, quella di Paxton, prima di approdare alla Biennale. L’inizio della sua carriera risale al 1958, ai tempi della postmodern dance a New York nel Judson Dance Theater. Poi fu il turno del Grand Union, nel 1970, con Trisha Brown, David Gordon, Douglas Dunn e Yvonne Rainer: sono i primi passi verso lo sviluppo di una tecnica, la Contact Improvisation, che lo renderà famoso. Presentata per la prima volta nel 1972 con una serie di performance alla John Weber Gallery di New York City, la nuova tecnica consisteva in una forma di danza improvvisata basata sulla comunicazione tra due corpi in movimento sempre in stretto contatto il cui scopo era assecondare le leggi fisiche della gravità, del momentum e dell’inerzia.
Una carriera proseguita fino agli anni più recenti e che gli è valsa il Leone d’oro nel 2014. “Col suo procedere, Steve Paxton – recitava la motivazione – ha aperto ‘silenziosamente’ strade innovative a una ricerca che è sconfinata in tutte le arti. Il continuo reimparare e frequentare la semplicità del gesto, mai quotidiano ma comune, ci ha mostrato come l’uomo possa ampliare la sua percezione sul mondo”.