Eataly Art House si pone sempre in prima linea nell’offerta culturale ma anche commerciale. Con Première, a cura di Luca Beatrice e attiva fino al 31 marzo 2024, la location veronese ha dato vita a un progetto espositivo dedicato alla scena emergente italiana che accende un focus sulla produzione pittorica contemporanea. Pensata per l’Art Market, la collettiva riunisce le opere di nove giovani artisti nati tra il 1990 e il 1999, le generazioni Y, i Millennials, e Z, i Zoomers.

Al centro profonde riflessioni sulle urgenze del nostro tempo e si struttura alla luce delle nuove possibilità tecnologiche, comunicative ed educative, il tutto avvolto dalle opportunità e dalle difficoltà del mondo virtuale e dei social. In effetti questo gruppo rappresenta una generazione di rottura, che vive, osserva e crea in un mondo completamente reinventato. Nei loro lavori è evidente uno spaccato fatto di esperienze frutto di un cambiamento sempre più radicale e repentino, dalla crisi economica del 2008 al riconoscimento di una realtà carica di mescolanza, di generi e linguaggi culturali.

Ogni artista ha la sua peculiarità nata da singolari e personali percorsi di crescita a studio. Abbiamo posto due domande a ciascuno di loro:
In generale da dove trai ispirazione per dare forma alle tue opere (non solo per questa esposizione)?
Olga Lepri: Mi guardo continuamente intorno, spesso anche oltre la pittura. Sono cresciuta ispirandomi ai grandi maestri della storia dell’arte europea moderna e contemporanea: dal Rinascimento italiano alla pittura fiamminga, all’impressionismo francese al simbolismo russo, dal surrealismo all’arte alla figurazione del dopo guerra. Trovo particolarmente affascinanti gli artisti poco conosciuti, i dimenticati oppure gli “incatalogabili”, fuori da ogni etichetta. Guardo sempre più anche all’arte dell’Asia orientale. Mi affascina considerare la relazione tra essere umano e reale come inevitabile punto di partenza per ogni riflessone, perché tramite il nostro essere che facciamo esperienza di tutto. Quindi mi ispirano moltissimo la natura e le sue forme, ovvero l’anatomia, perché per natura intendo sia quella esterna dove ritrovo dei moduli ricorrenti in comune con il corpo umano, che quella interna come la luce e le immagini che sogniamo da un remoto bagaglio archetipico. Nella letteratura e nella poesia, ho cominciato a ricercare riflessioni sui concetti di visione e del suo interessantissimo opposto, la cecità. Ad ispirarmi è stato il romanzo Cecità di Saramago, ma anche autori come Derrida, Borges, Hull, Montale.
Quale percorso creativo ti ha portato a selezionare la tecnica e i colori che hai utilizzato (in questa mostra)?
Olga Lepri: Ho seguito curiosa uno sguardo contrastante, la mano nervosa, il colore vivo, la velatura accanto a gesti di forza, l’accento su forme del corpo e della natura, il disegno anatomico, l’organicità della pittura ad olio. Fondo disegno analitico con l’espressività della pittura e torvo sempre strade contrastanti che accostino tecniche e ambiti diversi. In particolare, mi affascinano temi complessi e fortemente introspettivi come la cecità, il sogno e il desiderio di volare. Dopo una ricerca accurata ed eterogenea, realizzo degli studi attraverso il disegno soffermandomi su uno sguardo anatomico del corpo, cerco di dissezionare il concetto. Vivo la pittura come una rielaborazione del pensiero: non come una copertura di colore, bensì come sovrapposizioni e spostamenti della forma. I colori sono una struttura espressiva, ma anche una forma di ricerca: guardo molto alla drammaticità di colori naturali.

In generale da dove trai ispirazione per dare forma alle tue opere (non solo per questa esposizione)?
Mauro Baio: Lo sport del tennis e, soprattutto, la montagna sono fonti di ispirazione costanti. Il continuo contatto con questi elementi porta a uno sviluppo continuo nella ricerca su questi soggetti. Nonostante le tematiche trattate giocano un ruolo chiave, la vera essenza dei lavori risiede nel gioco tra colori e bilanciamento estetico.
Quale percorso creativo ti ha portato a selezionare la tecnica e i colori che hai utilizzato (in questa mostra)?
Mauro Baio: Lo studio approfondito dei grandi maestri, una ricerca costante nei temi affrontati, l’ossessione per la produzione e la meticolosità nell’esecuzione, l’autodisciplina: tutti questi elementi sono parte integrante del processo. La tecnica deve essere sviluppata e successivamente personalizzata in base al proprio modo di vedere e rappresentare. Lo studio dei colori è fondamentale; nulla è lasciato al caso.

In generale da dove trai ispirazione per dare forma alle tue opere (non solo per questa esposizione)?
Chiara Calore: La mia ricerca e il mio percorso artistico si sviluppano in modo continuo e differente durante gli anni, in questo momento il maggior interesse nello sviluppo delle mie opere si concentra soprattutto sull’elaborazione digitale preventiva prima della pittura. Il mio lavoro nasce dalla ricerca di immagini, e soprattutto opere d’arte, più o meno conosciute del passato unite spesso a figure ed immagini contemporanee. L’assemblaggio di queste due differenti tipologie di linguaggio spesso genera un immaginario fuori dall’ordinario e al contempo simile ad una dimensione ultraterrena, extraterrestre e a tratti inquietante. Catturo immagini che possano comunque avere sempre un riferimento archetipico ma questo nasce spontaneamente perché è intrinseco nel mio istinto, che fa riferimento soprattutto simbolismi.
Quale percorso creativo ti ha portato a selezionare la tecnica e i colori che hai utilizzato (in questa mostra)?
Chiara Calore: Credo che la proposta di portare queste opere non differisca in modo particolare da tutta la mia ricerca in generale. Sono appunto dipinti che fanno parte del mio linguaggio e del mio percorso. Ho utilizzato i mezzi che uso spesso, ovvero la tela ed il colore ad olio, poi durante l’elaborazione spesso utilizzo anche altri medium come spray acrilico.


In generale da dove trai ispirazione per dare forma alle tue opere (non solo per questa esposizione)?
Gloria Franzin: Solitamente le mie opere partono da riflessioni personali, interrogativi, che mi accompagnano nel quotidiano, spesso connesse al tema della percezione e della memoria. Per quanto riguarda i soggetti, spesso parto da immagini, fotografie che scatto personalmente nel quotidiano, foto che ritraggono me stessa, oppure di famiglia, altre volte parto invece direttamente da ricordi di qualcosa che ho visto; oppure da qualcosa, o una scena che si presenta fisicamente davanti a me e attira il mio interesse.
Quale percorso creativo ti ha portato a selezionare la tecnica e i colori che hai utilizzato (in questa mostra)?
Gloria Franzin: Cercavo un modo per rendere l’idea di un’apparenza, un soggetto indefinito e incerto, in continua definizione. La pittura ad olio, oltre ad essere il linguaggio e il medium che preferisco in questo momento, mi permette di scomporre e ricomporre la stessa immagine utilizzando anche lo stesso colore, la stessa materia con cui ho generato la prima immagine, riesco a riproporre questo processo di “riscrittura” di un’apparenza, anche attraverso il processo, che procede per cancellazioni, attraverso la sfocatura, ridefinizioni attraverso la pittura, quindi per velature e stratificazioni. Per quanto riguarda la scelta dei colori, solitamente prediligo e utilizzo colori delicati, e pallidi, forse a volte un po’ lividi a dare l’idea di una sostanza leggera, eterea, sfuggente, spesso nei volti a cui si aggiungono alcuni colori più cangianti come i rossi, i blu e i bruni.


In generale da dove trai ispirazione per dare forma alle tue opere (non solo per questa esposizione)?
Andrea Ceddia: I quadri prendono forma da diverse fonti che possono essere un’immagine che ho ben definita da un po’ di tempo in testa oppure a volte nasce il dipinto semplicemente giocando di fronte alla tela. In generale però tutto prende origine da una mia collezione in continuo divenire di fotografie che compro nelle bancarelle.
Quale percorso creativo ti ha portato a selezionare la tecnica e i colori che hai utilizzato (in questa mostra)?
Andrea Ceddia: Non credo di aver portato dei dipinti che avessero una cifra stilistica troppo lontana dal mio corpus di lavori. La tecnica che uso è la stessa con cui ho sempre lavorato e sperimentato da quando sono ragazzo, chiaramente in costante mutamento, ma rimane solidamente pittura ad olio, con un apporto negli anni di una base acrilica. I colori delle immagini invece derivano proprio da questo gioco compositivo con le foto della mia collezione, quasi unicamente in bianco e nero, da cui cercavo di creare dei livelli tonali diversi dalla scala di grigi.
In generale da dove trai ispirazione per dare forma alle tue opere (non solo per questa esposizione)?
Lorenzo Ermini: Il tema centrale del mio lavoro è la figura umana che ricerco in modo frammentato e fluido nel panorama iconico contemporaneo, nella storia della pittura, nella cultura digitale.
Quale percorso creativo ti ha portato a selezionare la tecnica e i colori che hai utilizzato (in questa mostra)?
Lorenzo Ermini: Ho utilizzato principalmente la tempera grassa, un medium che mantiene la luminosità del pigmento senza creare patine o filtri tra il colore e chi lo guarda.

In generale da dove trai ispirazione per dare forma alle tue opere (non solo per questa esposizione)?
Davide Serpetti: Dagli eventi imprevisti.
Quale percorso creativo ti ha portato a selezionare la tecnica e i colori che hai utilizzato (in questa mostra)?
Davide Serpetti: Sono autodidatta, anche se ho studiato in un’Accademia milanese conseguendo poi un Master di pittura in Belgio. In questi luoghi, più che la tecnica, ho imparato come direzionare il mio sguardo. I miei colori cambiano a seconda del luogo in cui dipingo.