Risultato di una visione che incorpora arte contemporanea e archeologia, il Centro de Arte Hortensia Herrero (CAHH) di Valencia si avvia a rappresentare un punto di riferimento culturale sullo scenario internazionale. Promosso dalla Fondazione omonima presieduta dalla mecenate Hortensia Herrero, il nuovo spazio si colloca nel sito storico del Palacio Valeriola, edificio risalente al XVII secolo interamente restaurato in sette anni di lavori e con un finanziamento di 42 milioni di euro.
Con la Fondazione istituita nel 2012, Hortensia Herrero ha affiancato al collezionismo un programma di iniziative per sviluppare la comunità artistica e creativa di Valencia, oltre a una serie di interventi di restauro e recupero di siti archeologici. Un connubio che si impone con evidenza anche nelle forme del nuovo Centro de Arte, in cui sono esposti oltre 100 lavori di circa 50 artisti internazionali, oltre a sei opere site specific realizzate da Jaume Plensa, Tomás Saraceno, Sean Scully, Cristina Iglesias, Olafur Eliasson e Mat Collishaw.
La collezione di Herrero include opere esposte nei maggiori musei di tutto il mondo, dal MoMa di New York alla Tate di Londra. «Questa collezione di arte contemporanea che può essere vista al Centro de Arte Hortensia Herrero, è il frutto di una vita, la mia, in cui l’arte è stata una componente molto importante. Come la maggior parte dei collezionisti, ho iniziato ad interessarmi agli artisti più vicini, quelli che creavano o esponevano nella mia città, Valencia», ha commentato la fondatrice.
Il Centro dispone di un’area espositiva di 3.500 metri quadrati, distribuiti in diciassette spazi su quattro livelli. Nel cuore della città, il Palacio Valeriola è situato tra le rovine del Circo Romano e il quartiere ebraico. Ora interamente restaurato, il sito archeologico era rimasto per anni in disuso: con un lavoro durato sette anni, ne sono stati recuperati i frontoni neoclassici, i balconi originali in ferro battuto e i motivi floreali dipinti sui cornicioni del terrazzo. Valorizzandone l’aspetto storico-archeologico, il restauro ha mantenuto gli assetti originari del Palacio, integrandolo però con i linguaggi visivi contemporanei.