Questione di spazio, Leonardo Petrucci al Palazzo Mosca di Pesaro

Una ricognizione sull'intera ricerca artistica di Leonardo Petrucci va in scena a Pesaro: dall'alchimia alla tecnologia, dalla cabala al rapporto tra arte e natura

«Le opere di Leonardo Petrucci tendono quasi sempre a un altrove. Non posso dire con certezza quale sia la ragione di questo movimento, per lo più verticale, ascensionale. Mi sento tuttavia di escludere un tentativo di fuga dalla realtà. Credo, piuttosto, che il sentimento che anima Petrucci sia legato al desiderio di superare distanze, connettere il terrestre e il siderale, spingersi più in là. Una questione di spazio, come d’altra parte recita il titolo della mostra: un vero e proprio manifesto programmatico. Ma a cosa si riferisce, l’artista, nel momento in cui chiama in causa il termine “spazio”?». Inizia così il testo critico di Saverio Verini che accompagna la mostra di Leonardo Petrucci a Pesaro. Inaugurata il 21 novembre, l’esposizione a Palazzo Mosca, curata da Marcello Smarrelli – e realizzata con il supporto di Galleria Gilda Lavia – si articola in tre gruppi di lavori risultato di una ricerca che si concentra sul tema della scienza e dell’astronomia.

Un corpus di 30 opere ripercorre la produzione artistica degli ultimi dieci anni di Petrucci, riflettendo in modo puntuale sul rapporto tra arte, natura e tecnologia. I temi da sempre presenti nella ricerca dell’artista grossetano ritornano nei lavori: la geometria sacra, l’alchimia, la cabala e l’astrologia, cui si sovrappongono contenuti più contemporanei vicini alla scienza, alla biologia, alla fisica quantistica e all’astronomia. E proprio l’approccio di Petrucci è quello dell’alchimista che trasmuta la materia mettendosi continuamente in gioco, materializzando l’impossibile attraverso creazioni di enigmi linguistici e matematici. 

Il primo corpus di lavori, Red Hope, presenta una serie di tappeti di lana fatti a mano, avvalendosi delle grandi maestranze tessili indiane dei villaggi attorno a Varanasi, nell’Uttar Pradesh. Nodo dopo nodo, gli artigiani hanno riprodotto ai telai le fotografiche che il rover Curiosity della NASA scatta alle porzioni di suolo marziano dopo averne perforato le superfici rocciose. Calpestando i tappeti, i visitatori diventano le prime persone a mettere piede su Marte grazie ad una semplice azione pionieristica. Red Hope gode del patrocinio della Nasa (National Aeronautics and Space Administration).

‘Tessitura Cosmica’ è il secondo corpus composto da arazzi che riproducono fedelmente le texture extraterrestri presenti nelle meteoriti ferrose. L’intricato intreccio meteoritico di lamelle metalliche si è formato in 4 miliardi di anni grazie alla lentissima solidificazione degli elementi nello spazio, dopo catastrofiche collisioni cosmiche tra pianeti e protopianeti. Queste straordinarie figure che prendono il nome dal loro scopritore – Alois von Beckh-Widmanstätten – sono delle archetipiche “impronte digitali” del nostro sistema solare. L’idea alla base di Tessitura Cosmica è quella di riprodurre l’intreccio naturale in una veste completamente nuova, sotto forma di arazzi tessuti con Telai Jacquard. 

Del tutto inedito, il terzo corpus propone pitture ad olio su tela che raffigurano le melanconiche visioni di cadute di meteore sul pianeta Terra. La ripetizione ossessiva dello stesso soggetto vuole evocare un senso di angoscia e distruzione ma allo stesso tempo di benessere e vitalità. Questo dualismo è suggerito dal titolo ‘Panspermia’, teoria che ipotizza la nascita della vita sul nostro pianeta a seguito di giganteschi impatti meteoritici. 

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