«Il nostro è un inno alla libertà», ha affermato al The Guardian Tatxo Benet, ideatore e direttore del Museo dell’Arte Proibita (Museu de l’Art Prohibit) di Barcellona. Ospitato in un edificio progettato da Enric Sagnier all’inizio del ‘900, il nuovo museo raccoglie per la prima volta in una collezione le opere che nel corso del tempo hanno incontrato la censura, portando un’idea innovativa nello storico quartiere di Eixample. A partire dallo scorso 26 ottobre il Museo dell’Arte Proibita ha aperto al pubblico, presentando ai visitatori opere di artisti come Warhol, Picasso e Goya, ma anche Klimt, Mapplethorpe e Ai Weiwei, suscitando al contempo una riflessione sulla libertà espressiva.
Il museo nasce da un’esperienza di Tatxo Benet, dirigente d’azienda e giornalista catalano che cinque anni fa ha acquistato presso la Fiera ARCOMadrid la serie fotografica Presos Políticos en la España Contemporánea di Santiago Serra, che comprende ventiquattro ritratti di personaggi della cultura catalana imprigionati. L’opera aveva suscitato scalpore tanto da essere rimossa dallo stand subito dopo l’acquisto. Da qui la scelta di investire nell’acquisto di opere che hanno incontrato la censura, rifiutate o che sono state al centro di polemiche. Una linea di ricerca che ora si presenta al pubblico con un nuovo museo, rendendo fruibili al pubblico oltre 200 opere e riportando alla luce un patrimonio artistico bandito, oltre a suggerire il fallimento delle condanne rivolte ad arte e cultura.
Il tema della censura nell’arte è la linea attorno a cui si organizza l’esposizione del Museo dell’Arte Proibita. Tra i capolavori in mostra si contano Filippo Strozzi in Lego di Ai Weiwei, un ritratto del banchiere fiorentino che si oppose ai Medici durante il Rinascimento realizzato con i famosi mattoncini, i ritratti di Mao realizzati da Andy Warhol, vietati dalla Cina nel 2012 prima di una mostra a Shanghai, ma anche una serie di stampe erotiche di Picasso risalenti al 1968. Sono presenti anche cinque opere di Raffaello e la Fornarina, ma anche i disegni provenienti dal carcere di massima sicurezza di Guantánamo e La Revolución, dipinto di nudo realizzato da Fabián Cháirez che ritrae Emiliano Zapata – il rivoluzionario messicano – in sella a un cavallo con un paio di scarpe con il tacco.