Open House: apre le porte l’appartamento VuotoPieno nel quartiere Prati con una mostra di Flavia Rossi

In occasione delle aperture di OpenHouse, Guendalina Parboni ci accoglie nell'appartamento VuotoPieno, che ospita il progetto espositivo della fotografa Flavia Rossi 

In occasione delle aperture straordinarie di OpenHouse, Guendalina Parboni ci accoglie nell’appartamento VuotoPieno sito in Prati, quartiere al quale lei stessa è legata da generazioni. Ad occuparsi del restauro l’architetto Filippo Bombace. L’appartamento è stato infatti adibito come locazione turistica, per affitti brevi con un minimo di 3 giorni e un massimo di 7. Guendalina offre guide speciali da autentica romana. Nonostante sia un primo piano l’appartamento risulta silenzioso e accogliente. «Abbiamo cercato di mantenere i ritrovamenti, dalle rasature sono uscite fuori le vecchie indicazioni di cantiere e un decoro a muro», ci racconta la padrona di casa. A Cortina d’Ampezzo, sempre parte del progetto di ospitalità VuotoPieno, Guendalina è direttrice di un altro appartamento costruito dall’architetto Edoardo Gellner, lo stesso che ha edificato l’edificio dell’Eni e costruito in Veneto e in montagna impiegando il calcestruzzo, materiale insolito per il luogo. L’appartamento venne costruito in occasione delle Olimpiadi per ospitare le squadre degli atleti.

LA MOSTRA FOTOGRAFICA DI FLAVIA ROSSI CHE PRENDE LE MOSSE DA CASA-BALLA

Legato alla speciale opportunità offerta da OpenHouse è il progetto espositivo della fotografa Flavia Rossi che ha voluto rendere omaggio alle due donne dietro il progetto di allestimento e riapertura di Casa Balla. Si tratta di Domitilla Dardi ed Eleonora Farina, curatrici del MAXXI Roma, che in concomitanza con il centocinquantesimo anniversario della nascita del grande artista Giacomo Balla hanno permesso alla sua Casa-museo di accogliere il pubblico degli abitanti del quartiere e di tutti gli appassionati alla sua preziosa figura.

I due ritratti fotografici si ispirano a dei quadri di Balla. Elisa sulla porta (1904) che rappresenta la moglie con cappello di paglia e fazzoletto nero annodato con bel fiocco al collo. Domitilla Dardi è in piedi sulla soglia, si percepisce lo stacco dei due pattern del pavimento, a rombi rossi e bianchi (ma tagliati nello scatto in modo che risultino due file di triangoli) nella cucina, a rombi bianchi e neri verso l’androne.

Eleonora Farina è invece rappresentata come fosse La figlia del pittore (1939). Seduta con le braccia conserte, nel dipinto del futurista Elica indossa una giacca verde a costine e con una mano avvicina al corpo il gomito del braccio inverso, lo sguardo sereno e attento, rivolto verso un angolo esterno alla composizione. Come nota Rocco Sciaraffa nel suo testo di presentazione, Flavia Rossi riesce a rievocare l’atmosfera pittorica tramite l’uso magistrale della luce e l’organizzazione spaziale all’interno dello scatto. Inoltre, restituisce la temperatura emotivo-psicologica delle due individualità, strizzando l’occhio all’interpretazione intima, carica degli affetti, di Balla. Le due donne, moderne interlocutrici del mondo dell’arte romano, sono quindi immortale nell’ambiente ospitale di Vuotopieno. A unirle uno scatto che riprende l’elemento del rombo, simbolo di VuotoPieno e figura geometrica che riscontriamo nelle Compenetrazioni iridescenti del maestro futurista.

La quarta fotografia prende invece il via da La fila per l’agnello, scorcio urbano che l’artista sembrerebbe aver tratteggiato affacciandosi dalla propria abitazione. Proprio dallo stesso punto di vista, Flavia ha scattato la propria fotografia. Spicca lo stesso palazzo ocra con la coppia di paraste angolari, il balconcino minuto e le persiane marroni. Tuttavia, mentre l’occhio del pittore si restringe indugiando sulla cortina di ombrelli assiepati innanzi al macellaio, la camera di Flavia Rossi spazia offrendo una panoramica della “città che sale” per citare un altro cardine del movimento futurista, Umberto Boccioni. Il quartiere è cambiato, nel punto di fuga vediamo la caserma dei pompieri e un’infilata di tetti, una cortina di pini e cipressi poco più bassi dell’orizzonte.

LE CONSIDERAZIONI DELL’ARCHITETTO FILIPPO BOMBACE

Abbiamo raggiunto l’architetto che si è occupato del restauro dell’appartamento, Filippo Bombace e ci siamo confrontati con lui sulla sua operazione.

Quali sono gli elementi strutturali e d’arredo che trasformano lo spazio?
Con gli elementi di arredo si è ritenuto di assecondare i sapori semplici e austeri di un istituto aperto all’ospitalità. Ad esempio, l’obiettivo del taglio sul soffitto del bagno, oltre a quello di dar luce al locale altrimenti privo di luce naturale, è ovviamente quello di mettere in relazione anche l’interno dello stesso bagno con la bella volta affrescata rinvenuta durante i lavori. Dal punto di vista dell’immagine, si è ritenuto infatti di conservare il pathos e i sapori originali del fabbricato di fine ‘800, recuperandone i caratteri architettonici e le finiture originali: le pavimentazioni in cementine, i soffitti a volta, gli infissi e i decori ritrovati sotto i vari strati di pitture, a volte delicatamente integrati da semplici citazioni di elementi di arredo del passato, come ad esempio nel caso del letto a baldacchino, solamente accennato dalla struttura aerea con luce integrata.

Come sei riuscito a restaurare l’appartamento senza intaccare i punti di forza pregressi ma anzi enfatizzandoli?
Riuscendo a domare la presenza della tecnologia, a volte nemica di un certo tipo d’atmosfera; in questo caso, nascosta o sommessamente presente. Alcuni accorgimenti tecnici hanno ottimizzato i passaggi impiantistici, permettendo così di salvare integralmente le pavimentazioni delle camere, anche laddove sono stati creati nuovi locali. Nel caso del bagno della suite ‘sand’, l’adozione di sanitari sospesi permette la lettura della pavimentazione originale in cementine, su cui poggia invece il grande piatto doccia angolare in massello di Marmo di Carrara.

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