Muore don Michele Basso, canonico di San Pietro, e affiora una spettacolare collezione di dubbia provenienza

Ritrovate opere di valore, tra cui il Cratere di Eufronio, calice etrusco già al Museo di Cerveteri, che potrebbe essere l'originale

Dalla Città del Vaticano arriva la comunicazione della morte di Monsignor Michele Basso, anziano canonico di San Pietro ma anche studioso, un appassionato della storia e delle tradizioni del Vaticano. E con la sua morte vengono a galla una serie di argomenti delicati in merito al possesso di beni di sua appartenenza opere d’arte e pezzi antichi che erano da lui custoditi.

La collezione di don Michele Basso era chiusa a chiave e messa al sicuro all’interno di una trentina di casse ignifughe sigillate con l’autorizzazione della Segreteria di Stato e sistemate in un locale sotto la Cupola. “Dentro, riporta il Corriere della Sera, si contano una settantina di pezzi tra materiale archeologico, statue in marmo e di legno, dipinti su tela, tavole incise su rame e schizzi su carta”.

Com’è possibile che Basso abbia accumulato negli anni tutti questi tesori? Quei beni facevano parte di collezioni private ereditate da Basso? Erano regolari acquisti fatti nel tempo, o ancora, lasciti di conventi, istituti religiosi, regali ricevuti da benefattori o da beni ecclesiastici mai catalogati? Vero è che in passato molte opere antiche sono state quasi svendute dalle stesse chiese, per necessità economiche, o da proprietari che ne vedevano il valore deprezzato in favore di quelle di arte contemporanea.

Ma non va neppure dimenticato che già negli anni Duemila Monsignor Basso era stato al centro di un’inchiesta della Procura di Roma (e poi archiviata) incentrata proprio sulla provenienza sospetta di alcune delle opere della collezione. Quando era in vita, Basso ha sempre dichiarato la regolarità delle sue acquisizioni.

Tra i lavori ce n’è uno in particolare che sta già sollevando non pochi problemi: una preziosa copia risalente agli inizi del Novecento del Cratere di Eufronio, il cui originale etrusco è conservato nel Museo Archeologico Cerite a Cerveteri. Il Cratere venne trafugato nel 1971, poi esportato illegalmente negli Usa e acquistato dal Metropolitan di New York ed era stato anche al centro di un braccio di ferro diplomatico con l’Italia. La copia nelle mani del Vaticano rischia di rimettere tutto in discussione perché confuterebbe la data del rinvenimento dell’originale che il Metropolitan ha dovuto restituire. Se il vero Cratere è stato ritrovato nel 1971 in uno scavo clandestino vicino a Cerveteri, come è possibile che in Vaticano vi sia una copia fatta alla fine del Novecento? Potrebbe trattarsi dell’originale? Per ora si sollevano soltanto dubbi ma chiarezza dovrà essere fatta dalla Segreteria di Stato.