Milano, 27 luglio 1993. Sono le 23.34, quando esplode in via Palestro, proprio davanti al PAC, un’autobomba. Una strage di matrice mafiosa che provoca la morte di cinque persone – i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, l’agente di polizia municipale Alessandro Ferrari e Moussafir Drissalle – e la distruzione del muro esterno del Padiglione d’Arte Contemporanea, lo spazio espositivo progettato da Ignazio Gardella nel 1954.
I resti di quelle macerie vengono recuperati da Maurizio Cattelan, nei giorni immediatamente successivi, per la realizzazione di Lullaby. La prima esposizione dell’opera, in due diverse versioni, è del 1994 ma non è a Milano. Viene esposta alla prima personale all’estero dell’artista presso la Laure Genillard Gallery di Londra e, in contemporanea, a una collettiva al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris. A Londra una parte dei detriti è contenuta in un borsone da viaggio blu – come quello che si usa solitamente per raccogliere il materiale delle demolizioni – mentre, nella versione parigina, la stessa che è ora esposta alla GAM, Lullaby è raccolta in 40 sacchi di plastica bianca stoccati su due pallet.
Partendo dal drammatico fatto di cronaca, l’opera resta una delle più intimamente connesse alla storia di Milano e tuttavia è stata esposta per la prima volta in città solo pochi mesi fa, al Cimitero Monumentale. In quell’occasione l’artista ha annunciato la volontà di donare l’opera al Museo del Novecento, gestito dalla Direzione Cultura del Comune di Milano, sotto la cui egida ricadono le collezioni civiche e, quindi, anche la GAM. Proprio qui è stata allestita nella cornice neoclassica della Sala da Ballo, nella sala adiacente ma visibile attraverso la serie scenografica dei tre archi divisori, si può vedere il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo. «Un cortocircuito emotivo capace di rinnovare lo sguardo su un intero secolo – dichiara l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi – quel Novecento italiano di cui Milano è capitale assoluta. Ringraziamo Cattelan per la sua generosità. Ha dimostrato ancora una volta un affetto profondo per la nostra città. Lullaby è un’opera potente e simbolica, che racconta con efficacia straordinaria un pezzo di storia dolorosa della nostra città. Per questo è particolarmente significativo che entri a far parte delle collezioni civiche».
Una scelta allestitiva non casuale, che sembra alludere alla parabola discendente di un secolo contrassegnato da speranze e drammi simbolicamente rappresentati, dalla rivendicazione dei diritti di una nuova classe sociale e dei suoi valori alla fine di una speranza, il senso della tragedia e la fine dell’illusione di un secolo pieno di contraddizioni, costellato da drammatiche tragedie e straordinarie esperienze artistiche. «L’alfa e l’omega di una parabola che si chiude – spiega il direttore del Polo museale moderno e contemporaneo del Comune, Gianfranco Maraniello – non con l’idea del fallimento, evocata dal vile attentato di via Palestro, ma con quella del riscatto dell’arte. Portare le macerie di quella strage nella sala nobile del palazzo neoclassico è un atto di resistenza, la volontà di non cedere all’ineluttabilità della violenza».
Dopo L. O. V. E., la scultura con il dito medio alzato posizionata di fronte alla Borsa, Lullaby è la seconda opera dell’artista a entrare nelle collezioni civiche, la prima inserita in un museo.